Partita GDR | Imperium

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    BREVE INTRODUZIONE ALLA PARTITA

    "241 AC, CARTAGINE, UN INDISCUTIBILE POTENZA DEI MARI, CREATURA DI DIDONE, VIENE SCONFITTA DAI ROMANI CHE OTTENGONO LA SICILIA E AGGRAVANO I CARTAGINESI CON GROSSE RIPARAZIONI DI GUERRA.
    238 AC I MERCENARI ASPETTANO IMPAZIENTI LA LORO PAGA, MA CARTAGINE, PIEGATA DAI DEBITI IMPOSTI DA ROMA, NON PUÒ PERMETTERSELO; I MERCENARI SI RIBELLANO.
    I ROMANI APPROFITTANDO DELL'IMPOTENZA DI UNACARTAGINE INERME, INVADONO LA SARDEGNA E LA CORSICA, E IMPONGONO ULTERIORI INDENNIZZI ACARTHAGO; UMILIANDO CARTAGINE, SCHIACCIATA DA ROMA.
    237 AC, IL GENERALE AMILCARE BARCA, PIENO DI RANCORE VERSO ROMA ESTENDE I CONFINI CARTAGINESI IN SPAGNA E AL COMANDO DELLE ARMATE IN IBERIA GLI SUCCEDE IL GENERO
    ASDRUBALE. NEL 228 AC, IL GIOVANE ASDRUBALE FONDA IN SPAGNA LA CITTÀ DI NOVACARTHAGO.

    I ROMANI, PREOCCUPATI DELLA RINASCITA ECONOMICA E MILITARE DELLA FENICE CARTAGINESE, COSTRINGONO ASDRUBALE A FIRMARE UN TRATTATO CHE DELIMITASSE I CONFINI A SUD DEL FIUME EBRO.
    MEMORI DELLA PRIMA GUERRA PUNICA, I ROMANI RAFFORZANO LA PROPRIA MARINA.
    221 AC, IL FIGLIO DI AMILCARE, ANNIBALE BARCA, UN CONDOTTIERO ACCLAMATO E AMATO DAI SUOI GUERRIERI PRENDE IL COMANDO DELLE ARMATE CARTAGINESI.
    NEL 219 AC, DECISO A VENDICARE LE UMILIAZIONI VARCA IL FIUME EBRO, E METTE SOTTO ASSEDIO SAGUNTO, CITTÀ ALLEATA DI ROMA.

    MENTRE A ROMA SI DISCUTE, SAGUNTO CADE.


    218 AC, SIAMO ALLE PORTE DI UNA SECONDA GUERRA PUNICA. ANNIBALE, OSPITE IN UN ACCAMPAMENTO GALLICO, OTTIENE DA QUESTI IL PERMESSO DI PASSARE, I CELTI SONO CON LUI, TUTTI TRANNE I VENETI, FEDELI AI ROMANI. I ROMANI NON SOSPETTANO MINIMAMENTE CHE ANNIBALE VALICHERÀ LE ALPI, E LA LORO ATTENZIONE È RIVOLTA NEL MEDITERRANEO.
    LE ACQUE DEL MEDITRRANEO SI RIEMPIRANNO DI VASCELLI MENTRE IL MONDO GRECO STA USCENDO DA UNA DISASTROSA GUERRA CIVILE, UNA DI UNA LUNGA SERIE DI GUERRE TRA GLI ETOLI, GUIDATI DA SPARTA, E GLI ACHEI, GUIDATI DALLA MACEDONIA.
    I GRECI, SI MUOVONO AFFLITTI TRA LE MACERIE DELLE POLEIS MEMORI DEL LORO PASSATO SPLENDORE: SPARTA, CHE FU LA PIU'
    FORTE TRA LE POLEIS DELL'ELLADE, VI E'CADUTA LA MONARCHIA E VI SI E' INSTAURATO UN IMPOPOLARE REPUBBLICA, MA GLI SPARTANI SONO ANCORA CON IL LORO AMATO TIRANNO."


    Questa GDR, votata unanime, sarà ambientata all'alba della Seconda Guerra Punica, 218 A.C. Il timeslide iniziale sarà 1G=1Anno, poi quando ritenuto opportuno sarà accelerato.
    Inoltre prima di iscriversi ecco i punti:
    1. H
    o deciso di vietare le corazzate, perché l'unico modo per combatterle verrebbe ad essere o costruire un altra corazzata, o un cannone ferroviario (tra l'altro vietato), e comporterebbe dunque diversi problemi. D'altra parte l'incrociatore rappresenterà il vascello: veloce, facile da costruire, e vulnerabile all'attacco da terra.
    2. Sarà vietato posizionare truppe sulle coste per difendersi dallo sbarco; tuttavia questo divieto non vale per le Isole.
    3. E' obbligatorio nei propri articoli citare o trattare gli avvenimenti degli altri paesi, il che non si traduce in un copia e incolla di pezzi d'articolo ma in reazioni, simpatie, similitudini o cornici.
    4. Dal punto di vista comportamentale è malvisto il disfattismo, "fare cose a caso", oppure adirarsi per una Guerra: traducete l'ira in ON non in OFF, e siate flessibili nei vostri piani, cosicché una sconfitta non vi lasci a piedi.
    5. I player devono rispettare le decisioni dell'Admin. Un Admin saggio e cosciente consulta prima il popolo.

    6. L'admin può eventualmente animare un IA scrivendo un articolo con essa oppure incaricando altri player (volenterosi) di farlo.
    7. Le quest sono una buona iniziativa, ma non sono essenziali, tuttavia sia l'admin che i player possono accordarsi tra loro per mandarsele.
    8. Un player può dichiarare di voler controllare un certo tratto di mare, e distribuisce omini per quel tratto di mare, allora potrà impedire il commercio tra i paesi ai due lati del mare e consentire solo ai paesi amici di farlo; naturalmente questo potrà essere motivo di un conflitto.
    9. E' ben visto chi rispetta lo Zeitgeist (spirito del tempo) del proprio paese.
    10. Sarà vietato avere più di 28 province in OFF, tuttavia sarà possibile usufruire in ON di "vassalli" o ddp per le IA.
    11. I macedoni partono con l'Austria e continuano ad averne i territori, sia perché siano forti, sia per convenienza, ma che ruolino anche i Celti Pannoni è puramente facoltativo.
    12. Gli articoli saranno scritti sul forum.


    PER CHIARIRE QUALSIASI ALTRO DUBBIO O PROBLEMA, CHIEDETE SEMPRE ALL'ADMIN.


    LINK DEL REGOLAMENTO CONSIGLIATI:



    • Cos'è il gioco di ruolo? - Informazioni di base sul gioco di ruolo in Supremacy 1914, utili per i nuovi arrivati.
    • Regolamento - Descrizione del regolamento di base della partita, leggerlo è fondamentale per non incappare in violazioni.
    • Lo Stile - Presentazione ed esempi della scrittura di quotidiani, oltre alla descrizione di alcune caratteristiche del gioco.
    • FULL GDR, ON e OFF GDR e Metagioco - Spiegazione delle diverse dimensioni di gioco.


    MAPPA

    Landshuffle:
    https://imgur.com/a/nf86v

    STATI GIOCABILI

    - Repubblica Romana - Consoli Tiberio Sempronio e P.C.Scipione - Falco1994
    - Repubblica Cartaginese - Suffeta Annibale Barca - Mussulmanopazzo
    - Popolazioni Celte - HerbertBacke
    - Impero Seleucide - Imperatore Acheo - Von Moltke il Vecchio
    - Lega Achea - Re Filippo V di Macedonia - Astrid I
    - Lega Etolica & Alleati - Tiranno di Sparta Macanida -
    - Regno Tolemaico - Faraone Tolomeo IV - Dark II


    NOMI STANDARD DI UNITÀ, EDIFICI, E RISORSE
    Attenzione: Standard poiché variazioni realistiche della parola sono accettabili.
    Esercito: Fanteria (idem), Cavalleria (idem), Blindo (Cavalleria Pesante\Elefanti), Artiglieria (Armi d'Assedio), Incrociatori (Vascelli), Carri Armati (Elefanti Corazzati).
    Edifici: Ufficio di Reclutamento (Salmeria), Caserma (idem), Porto (idem), Ferrovia (Strade), Officina (idem), Fabbrica (Cantiere), Forti (Qualsiasi struttura difensiva)
    Risorse: Soldi (monete, metalli preziosi), Grano (idem), Pesce (idem), Ferro (idem), Legno (idem), Carbone (Sale), Petrolio (Schiavi), Gas (Carne)


    1 omino = 100 omini


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  • ::: :::: Annales Maximi ::: :::


    218AC

    535 anni dai natali della nostra amata Roma

    [Foto]

    400px-Maccari-Cicero.jpg

    \\ Il Senato. \\

    [Civilitas Romana]

    - Bellum Poenicum - Guerra Punica

    http://www.youtube.com/watch?v=uJLXyBzMci0

    Gelido lo scorso inverno, l'anima di Roma, il Tevere, si è disciolto e le acque del fiume straripate hanno ripreso a scorrere scandendo il ritmo della storia romana; il mediterraneo e il suo inquieto oceano, carico di venti e di tempeste come suo solito, i violenti tifoni lambiscono le coste, mentre le nuvole oscurano i cieli laziali, illuminati dalle tuonanti saette di Giove. La bianca neve cumula sui sette colli di Roma, ma è di fronte al Senato che le drammatiche notizie provenienti dal sud realmente testimoniano la durezza del clima. Le porte del tempo di Giano sono aperte da secoli, verranno chiuse soltanto quando la pace finalmente tornerà a Roma.


    Ci sono orde di improvvisati oratori e di ciarlatani di fronte al Senato, attorno ai quali si riunisce la folla plebea. « ...E saranno tempi duri, dicono che vinceremo, che i punici sono stati sconfitti una volta e che saranno sconfitti ancora, dicono che Roma fu attaccata diverse volte in passato, che sprofondammo nel buio fosso, ma che ne uscimmo sempre fuori vittoriosi. Io vi dico: Sciocchi! Come avete potuto scatenare ancora una volta l'ira di Giunione, la dea al quale sono cari i punici? » « Cittadini di Roma! Io so di chi è la colpa: di quei vecchi rimbambiti che abitano il nostro Senato! Hanno scatenato loro l'ira di Giunone! E io credo non a torto, che i senatori abbiano complottato tutto: stanno aspirando alla Tirannide! » I senatori udirono preoccupati le diffamazioni del ciarlatano, che destabilizzava con le sue frottole il morale dei civis romani.


    I soldati intervennero in tempo per allontanarlo. « Romani, la nostra Libertas è nelle mani dei senatori: che il destino risparmi la nostra amata Res Publica! » disse l'uomo mentre veniva allontanato. Costui non sapeva forse, che nel mito di Enea, la profezia vuole che il destino di Roma sia quello di trionfare sul mediterraneo. Il latte della lupa ha reso forte Roma, i nostri manipoli, uniti, non potranno essere sconfitti da nessun esercito. Il destino ha fatto piovere il Gladio sul popolo dei Latini, e dopo i Sanniti nessun'altro ci leverà l'arme. I punici, con il loro immenso strapotere dettavano i commerci sui mari del mediterraneo, e soffocavano non solo Roma, ma tutte le piccole civiltà italiche: ora il loro Impero è risorto, sia economicamente che militarmente.

    Finché ci sono loro, sarà Guerra. O noi, o loro. O i romani, O i punici.


    Il Senato discute. Intanto la plebe seduta a teatro ha riso tutta la sera: dopo le fabulae di Gneo Nevio sono state messe in scena le divertentissime commedie di Plauto, l'autore che ha riportato la risata in questa Roma in fiamme. Purtroppo, qualcuno del partito anti-Scipionico ha impedito le rappresentazioni teatrali di Livio Andronico, il liberto che ha tradotto l'Odissea in latino. I Greci stanno inquinando Roma con la loro cultura effemminata, e a molti questa cosa non piace.

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    I Consoli Tiberio Sempronio Gracco e Publio Cornelio Scipione sono sicuri di una cosa sola: che se quei maledetti punici attaccheranno, attaccheranno senza ombra di dubbio dal mediterraneo, forse in Sicilia o in Campania, uniche e sole possibili direttrici di un attacco. Lo stesso tiranno di Siracusa, Gerone, ha spifferato al Senato che i piani di Annibale sarebbero quelli di sbarcare per Lilibeo, una cittadina siciliana, cosicché i commandi furono allertati e allestirono i primi preparativi difensivi. La prima azione militare di Roma è stata portata a termine con successo nella fortezza Melita, un isola a sud della Sicilia, che come ha visto le quinquireme romane si è arresa senza combattere e aperto le porte ai nostri manipoli. Tuttavia arrivano curiose notizie dall'Emilia, ma si tratta solo di voci e di inutili paure: i punici attaccherranno da sud.

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  • Carthagine commentarius

    218 AC

    500° Ciclo solare dalla fondazione di Cartagine.-

    - - -


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    www.youtube.com/watch?v=RV42yS4-Q6Q

    - -
    [Scendendo dalle Alpi..]

    Non vi fù bisogno di inalzare le armi contro i Galli ed i Greci, perché Annibale è nemico dei Romani e Cartagine nutre rancore contro l'unico oppressore e tiranno del mediterraneo.

    Ed anziché opporsi a questo per lo più durante la tratta attraverso le coste dei Celti molti guerrieri si unirono alla nostra causa, ma ancora nessuno riusciva a capire come sarebbe stato possibile giungere a Roma passando dal Nord.

    Perfino l'aquila Romana era cecamente convinta di un attacco nel mediterraneo, falsità divulgare dallo stesso Annibale. Anche questa è tattica di guerra dicono..


    Ciò che quell'uomo aveva in mente non stupì solo mè ma tutti i suoi uomini e le genti che ci seguirono e molto probabilmente avrebbe stupito anche Roma, passarono dal definirlo folle a Genio in un solo istante. Sulle Alpi fuoco ed Aceto indebolirono la roccia così chè si potesse scavare un passaggio lungo la parete rocciosa in pochi giorni, gli Elefanti riuscirono a passare e Annibale giunse nel mediolanum marciando con novantamila uomini e quaranta elefanti, i Galli che abitavano quelle terre si prostrarono ai suoi piedi osservando timorosi i pachidermi, ma nonostante il terrore, nei loro occhi si intravedeva un bagliore sinistro.. come di un animo perduto da molti anni, vidi altre volte quegli occhi, un bagliore tetro e sopito nell'animo di quelle genti, al passaggio di Annibale oltre che terrore vi era anche la speranza di una vendetta che andasse a colpire i Romani non solo per conto di Cartagine ma anche di quella gente oppressa.

    Molto presto, molto presto lo vedranno, vedranno l'ira di Cartagine che con sè porta solo sventura per i Romani, il Ticino ed il Trebbia sono stati solo un avvertimento, ora loro sanno che siamo qui e che siamo venuti per distruggerli...


    [Articolo di Mussulmanopazzo]

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  • ~ Le Cronache Celtiche, la Saga di Viridovix.


    {I, l'inizio}
    ~ Anagantiôs 1244 (''218 a.C).
    ~ (
    www.youtube.com/watch?v=59Ri26PIOLs).
    Nome: b4b422c2995b2cbca455c2a17d850276--fantasy-art-landscapes-fantasy-landscape.jpg Visite: 57 Dimensione: 23.4 KB


    Fui chiamato con tanti nomi durante la mia vita, sacerdote, poeta, eremita, sciamano, talvolta indovino, medico e filosofo, ma nessuno di questi nomi appartennero mai alla mia Essenza, poiché vissi e vivo come ciò che realmente sono: un druido degli Dèi. Nacqui in Gallia, decenni or sono, sotto la festività dei fuochi di Beltane. Ebbi la fortuna, su volontà della mia famiglia, di essere destinato a consacrarmi alla vita da Druido, e furono loro, i saggi Druidi, ad istruirmi nella Foresta dei Carnuti, imparando così cosa fossero la Musica e la Lirica, la Cultura e le Tradizioni, studiando assiduamente le Leggende e l’Alchimia, ed esercitando la Legge e la Giustizia, e non di meno, la sacra religione degli Dèi.

    Pregai attorno ad imponenti menhir, e trovai ristoro dalle piogge sotto i benedetti dolmen; percorsi innumerevoli vie silvane, tutte consacrate alla Foresta sacra. Presenziai a regali banchetti, presso onorevoli Vergobret della mia Gallia, celebrai fastosi matrimoni, solenni funerali e gaudi battesimi.

    Cantai dell’epopea degli Eroi, delle gesta degli Dèi, e suonai attorno alle tribù.


    Nel tempo in cui divenni più venerando, e la mia barba canuta divenne bigia, ed i capelli sempre più lunghi di colore bianco trascorsi anni a studiare la flora e la fauna, e incominciai a girovagare per le Gallie a me ancora sconosciute, visitando i luoghi più disparati, che essi risultassero limitrofi o irraggiungibili.

    Vi narrerò dunque di tutto ciò che vidi in quell’Epoca d’ avventure, tra dì funesti, e notti di pace.”



    «
    Sebbene la Gallia in cuor mio sia una sola, ne esistono tre in questo grande territorio, una di queste è Celtica, chiamata anche ‘’Gallia’’ dal volgo di Roma, ivi il mio popolo coltiva le terre ed alleva i bestiami, in alcune stagioni ci si dedica alla caccia di selvaggina, vagando tra l’immensità dei boschi, ma l’attività per cui noi Galli ci distinguiamo è la raffinata oreficeria, e la commercializzazione di beni attraverso reti commerciali, in contatto con i popoli a sud, dove si erge l’imponente mare, quali gli Etruschi, i Latini, i Greci, ed i Fenici e con i popoli posti a nord, come i Germani, i Bretoni ed i Britanni. La società dei galli, e tipica anche degli Aquitani e dei Belgi, è composta dalla classe dei ‘’Druidi’’, dalla classe guerriera e da quella degli uomini liberi, a cui potevano aggiungersi gli schiavi che avessero comprovato il proprio valore come riscatto per la Libertà. Viene eletto, ogni volta che ne muore uno, un ‘’Vergobret’’ per ogni tribù di Celtica, e spesso accade uno dei vari Vergobret delle tribù galliche viene incaricato di rappresentare Celtica, e per estensione, laddove gli altri ‘’rix’’ (‘’re’’) approvano, divenire il ‘’Vergobret’’ dei Celti, sia per i Galli, che per gli Aquitani ed i Belgi; l’attuale Vergobret, originario della mia Gallia, è Viridovix, un uomo di stirpe guerriera, austero ed onorevole, che gode di grande rilevanza ed influenza anche da parte dell’Aquitania e della Belgica. I guerrieri gallici sono famosi per il proprio coraggio, e talvolta per la propria brutalità. Essi incutono timore nel nemico per via dell’aspetto imponente, caratteristica che accomuna un po’ tutti i celti, e quando in un contingente celtico si nota la presenza dei ‘’Carnyx’’, chiamate anche trombe da battaglia, si può comprendere che essi siano Galli, senza alcun dubbio. Al limite dei villaggi, che sono circondati da mura di legno massiccio, si annoverano la presenza assidua di ‘’dùn’’ o ‘’dùnon’’, fortificazioni in pietra con scopo difensivo, in modo da delineare l’area villica, e proteggerla da eventuali incursori.
    La seconda Gallia che visitai è tutt’ora popolata dagli Aquitani, e per questa viene chiamata dai romani ‘’Gallia Aquitania’’, o ‘’terra degli Aquitani’’, essi si trovano a sud ovest rispetto a noi, e sono ci assomigliano, nonostante lingua e costumi siano differenti, ma svolgono attività affini alle nostre, tuttavia non conoscono l’oreficeria dei metalli più preziosi; il fiume ‘’Garonna’’ divide noi dal popolo dell’Aquitania. Il ‘’rix’’ della Gallia d’Aquitania si chiama Cingetorix.

    Presso i nostri confini settentrionali visitai la ‘’Gallia Belgica’’, la Marna e la Senna ci separano dalla loro tribù, che tra i vari popoli celti sono riconosciuti come i più forti, poiché vivono lontani dalla finezza delle civiltà meridionali, ed i pargoli vengono istruiti secondo la vita di Cernunnos, Dio della selva, estraniandosi dalle debolezze degli animi. Essi confinano con i Germani, posti oltre il Reno, e con quest’ultimi intraprendono battaglie e guerre sanguinose, il rix riconosciuto per le innumerevoli vittorie riportate ai danni dei Germani si chiama Orgetorix, ed è a costui che ogni tribù belga si rivolge come punto di riferimento.

    Esistono poi altri popoli che vivono in questi tre grandi territori, tra i clan di Celtica vi sono gli Elvezi, considerati superiori in virtù ai Galli, poiché anch’essi combattono strenuamente ed ininterrottamente contro i Germani, per difesa o per ambire alla conquista. La loro struttura sociale, assieme a quella dei Veneti, erra al di fuori degli schemi celtici, difatti per gli Elvezi esiste solo una classe sociale, ‘’il popolo libero’’, in cui ogni individuo ha la giusta rilevanza e partecipa alla politica comune, chiunque si promuova come ‘’superiore’’ gerarchicamente viene arso vivo. Tuttavia gli Elvezi nutrono stima per un condottiero contro le guerre dei Germani, di nome Teutomalix.

    Amministratore della Sezione GDR

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  • La terra dei Galli, quindi, inizia dal Rodano, ed è delimitata come, già espresso, dai fiumi Garonna, dall'Oceano, e dai territori dei Belgi, raggiungendo anche il Reno dalla parte dei Sequan, e la volta settentrionale degli Elvezi. La terra dei Belgi inizia dalle più lontane regioni della Gallia, si estende fino al corso inferiore del Reno, e guarda a settentrione e a oriente. L'Aquitania, invece, va dalla Garonna fino ai Pirenei e alla parte dell'Oceano che bagna la Spagna, è volta a occidente e a settentrione.

    Percorrendo invece le contrade che dalla Gallia conducono alle lande settentrionali degli italici ci si può imbattere nei Liguri, che popolano un vasto comprensorio di terra, approssimativamente dalle Alpi meridionali fino a sud, dove la costa s’imbatte nel mare. I loro guerrieri sono tra i più ambiti, e talvolta fungono da mercenari nelle guerre più barbare, la loro società conosce un solo condottiero, comune, di nomina elettiva tra le varie famiglie, e non esistono altri ceti sociali se non quelli di ‘’uomini liberi’’. I combattenti Liguri in battaglia sfoggiano elmi adornati da corna imponenti, simili a quelli dei popoli d’oltralpe; il popolo Ligure è conosciuto per la navigazione e la costruzione di flotte, che spesso fungono da mezzi per le razzie, i territori di questo popolo si riconoscono da alcuni insediamenti in pietra, a scopo difensivo, chiamati dal volgo di Roma ‘’castelliere’’, a ridosso del quale si coltivano lembi di terra, e si alleva bestiame.

    Sulla strada che porta dalle tribù Liguri verso nord est, ci si può imbattere, a ridosso del mare Adriatico, in un vasto comprensorio di latifondi, dove vivono i Veneti.

    Essi sono l’unico popolo celtico che promuove rapporti d’amicizia con i vicini Romani, poiché condividono la medesima origine troiana, almeno questo è ciò che sostengono gli storiografi di Roma. I Veneti possiedono un sistema sociale molto simile a quello delle Gallie, difatti nei villaggi convivono le tre classi peculiari per i Celti, ai vertici i ‘’vati’’, quelli che oltre le Alpi chiamiamo ‘’Druidi’’, poi viene la classe guerriera, ed infine gli uomini liberi, al cui seguito potevano annoverarsi schivi, laddove fossero presenti nel territorio; anche il popolo dei Veneti conosce la costruzione di navi, tuttavia essi la impiegano in modo differente rispetto ai Liguri, anziché razziare, principalmente si dedicano allo scambio con le culture in cui s’imbattono, instaurando interessanti rapporti con scopi economici. L’attuale condottiero per i veneti porta il nome di Elitovix.

    Tuttavia, spingendosi invece a Sud della mia Gallia, e percorrendo quindi l’Aquitania, si può arrivare in un territorio delimitato da alte montagne, chiamate ‘’Pirenei’’, questo comprensorio montuoso è la terra degli Iberi, o meglio dei Celtiberi, un popolo d’origine celtica che vive a contatto con i Cartaginesi ed i popoli autoctoni. Il loro condottiero attuale si chiama Magavaric, meglio noto nelle Gallie come Magavarix.

    Per volontà dell’illustre Viridovix, Vergobret dei Celti, ogni villaggio eresse un araldo comune a tutti gli altri, un vessillo verde, con l’immagine d’un maestoso cervo dorato.

    Ma non furono gli unici stendardi a sventolare in balia dei venti del nord, tra i pinnacoli dei villaggi, infatti sempre comparvero le bandiere di ogni tribù, che durante la mia epopea mi divertii ad illustrare.

    Ogni popolo celtico porta su scudi, lance e carri il proprio simbolo ancestrale, così come se lo imprimano sulle carni e sui volti durante le battaglie. I Belgi riconoscono come proprio emblema un corno animale, che indica il loro selvaggio legame con l’ambiente in cui vivono, il corno può essere usato come boccale durante i grandi Esbat (‘’feste lunari’’), ma esso può anche essere suonato negli scontri bellici per richiamare la presenza di Toutatis, sanguinario Dio della guerra.

    Gli Elvezi, invece, raffigurano sui propri vessilli tribali un ‘’Carnyx’’, un corno da guerra dal volto di bestia, quando lo stendardo viene sfoggiato sul campo di battaglia esso, svolazzante, intima ai nemici d’arrendersi, altrimenti il sangue dei vinti nutrirà la terra.

    I Galli, a me così familiari, sono soliti mostrare sugli stendardi da guerra un cinghiale, animale di estrema brutalità, eppure in simbiosi con la natura; mai un Gallo retrocederà difronte a nemici più numerosi o più grandi di loro, ed anche sul punto di morte i guerrieri gallici combatteranno con onore, avessero anche solo l’utilizzo di una mano ed una gamba.

    I vicini Aquitani hanno adottato come proprio stendardo un cavallo rampante, animale fiero ed imponente, così come i guerrieri d’Aquitania in guerra paiono un’orda di cavalli furenti, che calpestano chiunque e qualunque cosa si trovi difronte loro.

    Posti più a sud, i Celtiberi disegnano sugli araldi dei propri villaggi un animale caprino, forse uno stambecco, analogamente alla caparbietà di cui essi sono dotati, e nonostante si isolino a vivere sui monti posso assicurare ai nemici di questi che la parola sconfitta non esiste nella loro lingua.

    Tra le contrade d’oltralpe, vicini ai popoli di Roma, i Liguri sfoggiano come bandiera una testa d’ariete, poiché non esistono ostacoli che non possano essere distrutti, sbaragliati o varcati con forza dai loro mercenari. Infine vi sono i Veneti, che sulle proprie navi e sui propri villaggi ereggono stendardi raffiguranti un sole, simbolo della navigazione grazie al dio Belanu.

    Da quanto abbia potuto apprendere, durante il corso dei miei viaggi, l’unico popolo celtico che si annovera tra i sostenitori dell’araldo di Roma sono i Veneti, mentre i Liguri e i popoli celtici d’oltralpe giurano sanguinosa vendetta su Roma, e sostengono l’operato di Annibale, un condottiero dei popoli meridionali, che anima gli spiriti di faida tra i vari guerrieri delle Gallie.

    A quanto pare alcune orde di Galli, tra cui gli Elvezi, scenderanno in battagli a fianco del popolo di Annibale, e si batteranno con essocontro le legioni dell’Aquila, opinione in linea con quanto espresso il vergobret Viridovix, che in questi tumultuosi tempi rappresenterà le forze dei Celti sul campo di battaglia.»




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    [Articolo di HerbertBacke]

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  • Σελευκιδική αυτοκρατορία (Impero Seleucida)


    140 Inverni dalla nascita del Sommo Seleuco


    \\Όλα γεννήθηκαν με αυτόν τον τρόπο. (Tutto Nacque Cosi)//

    Manoscritto redatto dagli scribi Seleuci della Corte del Re Dell’Asia Minore Acheo, figlio Andromaco, Fratello di Laodice II moglie del Grande Seleuco II.


    Scritto in lingua Koinè il primo ed unico sommo dialetto derivante dal Grane Greco, lingua degli uomini illustri, artisti, scultori e grandi condottieri della storia dell’Uomo.

    Sotto il volere di Acheo, Re dell’Asia Minore, codesto manoscritto, ed i prossimi, sono nati con l’obiettivo di porre l’Impero Seleucide come il più magnifico di tutti i Regni Ellenici: tra le pagine di Papiro, la pregiata pianta proveniente dall’Egitto fonte di sapere dell’Uomo, verranno dunque riportati le decisioni, e i voleri, dell’Imperatore Seleucida; l’amministrazione dell’Impero e la sua relativa vita sociale ed economica fiorente o morente essa sia.

    Tali Pergamene verranno fissati nelle piazze delle città Seleucide ove degli oratori, aventi loro la grande capacità della lettura, annunceranno ai popolani ignoranti così che anche loro possano essere spettatori della Grande Potenza Seleucida.


    Sono dunque passati 5 lunghi e freddi inverni da quando la grande e sontuosa Dinastia Seleucide subii una grave flagellazione che portò alla sua divisione all’interno della Sacra Famiglia e di conseguenza la divisione fisica dell’Impero.

    Esso, infatti, si vede diviso e non più unito come un glorioso Impero, dai due Uomini più potenti della Dinastia Seleucida: Acheo,Figlio di Andromaco, e Antioco III Figlio di Seleuco II.


    Costoro dunque bramosi di impossessarsi del grande potere Seleucida si sono dichiarati nemici dividendo l’Impero in due parti: L’Asia Minore, la Penisola Anatolia, ove si è relegato Acheo e l’originario Impero Seleucida Comandato dal Basileus Antioco III, più precisamente nella città di Antiochia di Siria, anche per questo quando si riferisce al Regno sotto il controllo di Antioco III lo si chiama “Regno di Siria”.


    Torniamo indietro di 5 inverni così da spiegare ai più stolti ed ingenui popolani che hanno dimenticato la storia:

    C’era un tempo in cui Acheo e Antioco scorreva buon sangue,infatti, costoro erano legati dallo stesso sangue essendo loro Cugini; Acheo era, ed è, uno dei più grandi Generali Seleucidi tanto che suo Cugino Antioco una volta divenuto Imperatore lo ha nominato Generale di tutta l’Asia Minore. Dunque Acheo guidò i soldati seleucidi del Basileus Seleuco III, Padre di Antioco, nella battaglia contro il Regno di Pergamo, posto al di là dei Monte Tauro, in cui Seleuco III perse la vita assassinato da un Soldato di Acheo volendo che il suo generale diventasse Imperatore, ma Essendo lui, Acheo, un Uomo leale alla Dinastia rifiutò di prendere il Posto del defunto Seleuco III e di quell’assassino mai più carcasa fu trovata...

    Divenuto dunque Imperatore Antioco III esso ed un suo Ministro, Ermeia, lo convinse ad accusare Acheo della morte di suo Padre e così fu; il Generale sentendo il freddo alito gelido della morte incombere su di lui decise di attuare una rivolta in Asia Minore ove lui aveva pieni poteri grazie al suo titolo e creare dunque il “Regno dell’Asia Minore” per fronteggiare l’Impero di Antioco III.


    Siamo quindi tutti noi spettatori di questo spettacolare scontro tra Titani Seleucidi degni di esser rivista negli anni nei Grandi teatri Greci come melodramma caratteristico di questo periodo dell’Impero Seleucide buio e tenebroso.


    \\Διακεκριμένο εμπόριο. (Commercio Strangolato)//

    -Il Commercio è la linfa vitale che scorre nel corpo di ogni Regno e Impero poiché da esso scauriscono nuove fonti di ricchezza; il popolo può sfamarsi liberamente senza la paura di un’annata in cui il raccolto è stato povero e dunque costretti a patire la fame ogni giorno pur di sopravvivere con la speranza che gli Dei annullino la punizione inflitta e facciano fiorire i campi di Grano, per questo nelle distese di grano, alle porte delle città, vengono ogni dì costruiti Templi alle divinità e offerti loro sacrifici come animali o semplici monete, cosi da cercare in questo piccolo gesto la grazia e la benevolenza dei Sommi Dei che dall’alto del Impetuoso Monte Olimpo, la Splendida Residenza degli Dei generata e plasmata dalle mani di Zeus, Padre degli Dei, con oro e materiali preziosi, possono con un semplice dito porre fine a tutti noi insulsi viscidi esseri Umani semplici giocattoli con lo scopo di far divertire gli Dei.

    Essi possono decidere per noi, se continueremo a vivere o se la nostra fine è giunta e dunque ci spettano le fiamme dell’Ade o di poter passare il resto della nostra esistenza nei Campi Elisi ove giacciono coloro che sono stati graziati dagli Dei: un luogo in cui per noi mortali la vita sarà bellissima poiché gli splendidi campi fioriti non sono mai toccati né da pioggia ne da neve, ne da freddo, ma con eterni soffi di zefiro ove si vive perennemente sereni.


    La divisione dell’Impero non agevola ovviamente la buona riuscita del commercio estero con i Regni vicini; le strade per i viscidi banditi sono uno strumento indispensabile poiché gli ignari vaganti che percorrono quelle vie maledette vengono sorpresi dagli agguati dei banditi che rubano e uccidono le loro vittime. Costoro sono riuniti in piccoli gruppi, è raro trovare dei Lupi Solitari ma non impossibile, poiché uniti riescono a fronteggiare anche le guardie Seleucide poste a protezione delle rotte commerciali e anche le stesse città che dovrebbero essere un luogo di protezione per i popolani al loro interno sono oggetto di saccheggi e razzie, ciò avviene principalmente per la mancanza di soldati nelle città occupate nella difesa del confine tra il Regno di Acheo e quello di Antioco III onde evitare possibili invasioni da parte di entrambi gli schieramenti.


    In più il Glorioso Porto della Capitale Antiochia è stato soggetto ad una terribile tempesta,punizione degli Dei per la divisione dell’impero dice Antioco III, la quale ha reso il porto e le navi che dormivano beate in quel momento completamente distrutti ed inutilizzabili; ciò rappresentava la principale fonte e punto di commercio dell’Impero con gli altri Regni vicini per cui fino alla ricostruzione del Porto ogni forma di commercio marittimo sarà impossibile limitando l’attività commerciale con i soli Regni Ellenici presenti in Anatolia.


    \\ Μια διαχωρισμένη αυτοκρατορία. (Un Impero Diviso) //

    Oh voi popolani siete tutti condannati ad essere spettatori di quest’epoca buia, la più tenebrosa del nostro Impero che squarcia in due l’intera Dinastia Seleucida travagliata da una serie di disordini interni, causati probabilmente dall’avarizia dell’Uomo o forse per volere degli Dei, Il Megas Basileus Antioco III succeduto al trono dopo la morte del suo Glorioso Padre Seleuco III si è visto porre dinnanzi ai suoi occhi un Impero diviso ed estremamente debole, poiché non solo Acheo ha fondato un proprio Regno Indipendente in Asia Minore, ma anche i fratelli di Antioco, Molone e Alessandro, hanno costituito i loro Regni rispettivamente uno nella provincia di Media e Persia disgregando ancor di più l’Impero.


    Un duro lavoro spetta ad Antioco III il nostro unico,e solo, degno Sovrano e noi comuni popolani dobbiamo aiutarlo nella sua causa ovvero quella di ricostruire l’Impero eliminando gli usurpatori Acheo, Molone e Alessandro. Nessuno sa chi vincerà la battaglia finale e soprattutto quando tutto ciò finirà, quale dei quattro Seleuci potrà sedere sul trono dell’Impero ove avrà nelle sue mani il potere di tutto e tutti; potrebbe vincere il degno erede Antioco, ma se forze esterne interverranno in questa Guerra l’esito sarà dunque un incognita…

    Fatto sta che il Megas Basileus Antioco III essendo lui un valoroso Guerriere e un abile stratega nell’arte della Guerra ha giurato vendetta nei confronti di coloro che hanno osato tradire l’Impero e la Dinastia rendendola così debole.


    \\Συριακός πόλεμος. (Guerra Siriaca)//

    La fine è giunta anche per l'ennesima guerra che allungo ha travagliato il cuore del nostro Impero con una serie di terribili e atroci sconfitte incassate dal nostro fragile esercito ritenuto da molti forte ed imponente, ma alla luce delle recenti battaglie dimostrano che il fiero esercito Seleucida non è altro che un'accozzaglia di soldati senza capo ne coda.

    L’ultima grave sconfitta registrata è quella subita contro l’Egitto Tolemaico che con estrema bravura ha spazzato via un enorme battaglione seleucida comandato dall’Imperatore Antioco III costretto successivamente ad arretrare; il Faraone Tolomeo, per grazia divino, non ha avanzato nella sua conquista limitandosi a saccheggiare dei villaggi e ha distruggere le guarnigioni seleucide.


    Da questa orribile sconfitta ne sono derivate numerose ribellioni all’interno dell’Impero alimentate da un senso di disgusto e tristezza nei confronti di ciò che doveva essere il fiore all’occhiello dell’Impero: l’Esercito.

    Non essendo così l’Impero si è diviso come abbiamo detto prima sotto il comando di Acheo, Molone ed Alessandro lasciando dunque solo la Siria nelle mani del Megas Basileus Antioco III che ha promesso di riacquistare l’onore perso in battaglia eliminando i traditori della patria, costruendo un nuovo esercito e vendicarsi dei Tolomei, ma tempo a tempo poichè il primo problema da debellare sono i fratelli Molone ed Alessandro per poi abbattersi su Acheo; è questa la strategia di Antioco III che sta formando un degno esercito nella capitale Antioca per poi partire nella guerra.

    A noi non resta altro che attendere e pregare gli Dei che questa ingiusta guerra termini presto e che risparmi noi e le persone che amiamo.


    [Articolo di Ferdinand-Foch]

    Amministratore della Sezione GDR

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  • ♗ ::: ☥ - Divina Tavola di Horus - ☥ ::: ♗



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    87° Anno di Regno (218 A.C.)

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    hiero_G8.png?a8843 /-/ Ruggiva Sekhmet nella Sua gloriosa Collera /-/ hiero_G8.png?a8843


    ♘ - Sulla Concava Siria splende lo scettro di Ra - ♘



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    Concepito dalla saliva di Atum e preso corpo in uovo, soffiava l'Asciutto Shu, il cui passo era la lunghezza del cielo, su tutto il bianco e brillante deserto che a noi fa il Mondo.

    La sabbia smuoveva e il Nilo scorreva.

    Si era compiuta la quarta inondazione di Hapy dall'ascesa del giovane Filopatore, il quarto dei Tolomei, quando i vili sciacalli del Seleucide, guidati da Antioco, hanno oltrepassato i valichi siriachi.

    Al confine le nostre lucenti guarnigioni, guidata dal Generale Teodoto Eolo, governatore della Provincia, fortificarono le postazioni del Faraone, scavando fossati e ergendo palizzate da una parte all'altra del confine, coprendo per intero la striscia di territorio fra Brochi e Gerra.

    Ivi, i nostri guerrieri, falciavano gli avversi, che in forze giungevano trovando una violenta morte sulle alabarde e sulle sciabole Tolemaiche.

    Le speranze e i fulgidi desideri di conquista di Antioco, trovarono rapida soppressione quando gli venne all'orecchio la notizia di una ribellione a Babilonide.

    Colto da saltuaria saggezza e consapevole di sconfitta, decise per la ritirata.

    Passarono le lune e dopo aver faticosamente sedato le rivolte che lo minavano, Antioco tornò minaccioso alle porte del nostro Regno.

    Riunì i suoi cani poco fuori Apamea.

    Fin dall'ultimo epico scontro con la fazione dannata dell'Impero del Magno Macedone, la cittadella di Seleucia Peleria, a loro sacra, era caduta nelle nostre belle e delicate mani.

    La rovinosa fine delle armate Seleucide, comportò già allora il delineamento dell'inizio della fine per i Seleuicidi.

    Ora, tali, tornano sulle loro postazioni di guerra e animati da vigliaccheria, assediarono la Peleria, scoperta di adeguata guarnigione e con animo impuro, corrompevano a tentennar di danari alcuni capitani che spinsero l'ignaro Leonzio, governatore della città, a chiedere la resa, nonostante dai bastioni settentrionali, l'attacco fosse stato respinto.

    Capitolò così la Seleucide, presa dai pezzi di Antioco nel modo più indegno e infamante che esista.

    Ad Alessandria, giungevano le missive informanti dell'attacco, insieme alle quali arrivò anche il Generale Teodoto, che non appena smontato dalla biga, fu vittima di un vile complotto ordito da ancora non ben definiti cortigiani vicini alla Corte.

    L'Eolo scampò alla morte, ma il morbo lo raggiunse ugualmente.

    Fu infatti colto da un'improvvisa ed eclatante paranoia, che lo portò ad imprecare contro Tolomeo, che intanto, rompendo il suo quotidiano ozio, si sentì definire "Traditore dell'Egitto".

    Il Generale risalì sulla biga e seguito da alcuni suoi fedeli subordinati, scomparve in una nube di polvere all'orizzonte, nell'incredulità di coloro che avevano assistito alla scena.

    Non sorsero le 6 Lune, che all'orecchio di Tolomeo giunse la funesta notizia dell'occupazione della città di Tolemaide di Fenicia da parte di Teodoto, con il conseguente tradimento dell'intera guarnigione cittadina.



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    Partirono le truppe guidate dal Generale Nicolao per rompere l'occupazione e ristabilire l'ordine, consegnando Teodoto alla Maat.

    Intanto, per la seconda volta Antioco tentava vanamente di prendere la fortezza di Brochi e per la seconda volta veniva poderosamente respinto, tanto che alla notizia del supporto dell'Eolo, decise di rinunciare a Brochi per liberare dall'assedio il vecchio Generale tolemaico.

    Il Sole calava e Tolemaide era in procinto di cadere, solo la cittadella fortificata intorno al Tempio era ancora salva dall'impronta del Divino. Ma proprio quando l'Eolo si preparava a trattare la resa, dall'orizzonte emerse Antioco a capo dei suoi sciacalli, che attaccando in due colonne, riuscirono prima a disperdere l'assedio interno, per poi ingaggiare un lungo e logorante scontro ove entrambe le fazioni facevano e subivano quasi le medesime perdite.

    Scesa la sera, giunse a Nicolao un papiro con il sigillo Imperiale:

    "A Nicolao l'Etole, Comandante delle falangi di Fenicia,

    il Potente e Perfetto rampollo di Ra, Sovrano del giunco e dell'ape, Tolomeo IV,

    palesa per volere del grande Horus Aureo, la volontà di condurre personalmente la Guerra incombente.

    Pertanto, Sua Eminenza e Padre delle Due Terre,

    le ordina di lasciare l'assedio di Tolemaide, raggruppare le truppe e ritirarsi a Pelusio,

    ivi si unirà all'Armata in procinto d'organizzazione.

    Salvate il salvabile e distruggete ciò che non potete salvare.




    Tolomeo IV, figlio di Ra, nato da Amon e amato da Ra

    La Maat di Horus è potente"




    /Sigillo Reale/


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    Così Nicolao eseguiva gli ordini datigli dal Divino, riunendo i suoi uomini e battendo in ritirata verso la Casa di Amon, ove si stava compiendo la Grande Riorganizzazione.

    Con sè, il Generale, riuscì nell'intento di portate 130 cavalli, 70 cammelli, 42 carri di viveri, riuscendo inoltre a salvare 10 navi ormeggiate al porto, fatte salpare in assoluta sicurezza prima dell'abbandono totale della cittadella.

    Altrettante imbarcazioni furono date alle fiamme, insieme a diversi depositi di armi, per impedire che questi cadessero in mano nemica.

    Fu concordata una tregua per l'inverno, periodo durante il quale, si evinse la vile superbia di Antioco, che offuscato da infondati principi di superiorità, credette che nessuno, neanche un Dio, avrebbe mai osato attaccarlo...decisione di cui si sarebbe ben presto pentito.

    Mai sfidare la sorte; Mai sfidare un Dio!

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    Ai piedi di Horus, in 20.000 vennero da tutto l'Egitto.

    Veterani e bei giovani in forze, tutti pronti a morire per il Giungo e per l'Ape.

    Sopraggiunsero poi Ordini di Falangi da tutto il Paese, squadroni e armate, 1500 uomini della Guardia Reale, 1000 peltasti, 10.000 indigeni fra falangisti e cavalieri.

    Richiamati dalla Sublime Luce, accorsero anche mercenari da Creta, Micene, Gallia e Tracia.

    Furono preparati per il combattimento anche 95 elefanti da guerra, tra i più grossi e poderosi del Regno.

    Terminata la tregua, durante le quali, Tolomeo misericordioso, tentò di accordare una qualche trattativa, ma forte di testardaggine, Antioco rifiutò ogni contatto, nonostante sapeva bene d'esser in torto, dopo che nella Battaglia di Ipso, gli Ellenici riuniti in consiglio stabilirono i confini dei nuovi Regni, chiarendo la Celesiria come territorio egiziano.

    Si mossa allora l'Armata, in un ultimo e leggendario sforzo, guidato dal Faraone in persona, che in groppa al suo bianco destriero, trottava verso gli ostici confini.

    Lo scontro ultimo si consumò nella zona di Raphia.

    I due eserciti si accamparono a circa 10 stadi di distanza, ridotti poi a 5 per simultanea volontà di entrambi i condottieri.

    Gli schieramenti erano estremamente ravvicinati, e da entrambi si alzavano urla, battiti di scudi e sciocchi di spade.

    La Grande Falange Tolemaica, sola legittima discendente della gloria Macedone, prese posto al centro dello schieramento Egizio, guidata dai Generali Andromaco e Sosibio.

    Alla sinistra di questa, prese posto Sua Grandezza, che al comando della Guardia Reale, dei Peltasti e della Fanteria Scelta, faceva fronte ad Antioco, da parte sua al comando della cavalleria e dei suoi elefanti da guerra.

    Alla destra invece, fremevano la Cavalleria, con a capo Echecrate, e la Fanteria con a comando il leggendario Fossida.

    Tutti tenevano gli occhi fissi verso la punta del proprio Squadrone, sul proprio Comandante, come uno stormo di gru che sta volando in formazione.

    Suonarono i corni, quasi in contemporanea, quando il Sole arrivò alto nel firmamento e la battaglia ebbe inizio.

    I Seleucidi, sfruttando la stazza dei loro elefanti, più grossi di quelli egiziani, riuscirono a disperdere le truppe guidate da Tolomeo.

    Al lato opposto, intanto, un poderoso attacco di Fossida, coordinato con le forze di Echecrate, mandava in subbuglio le linee nemiche, divorando i cavalieri arabi di Antioco.

    Ciò, nel mentre che lo stesso Echecrate, guidava l'assalto contro l'omologa nemica, schiacciandola per numero e capacità.

    Le falangi, non ancora venute alle armi e prive dei rispettivi supporti ausiliari, avanzarono verso il centro del campo di battaglia, mentre il Faraone riorganizzava le sue forze, ordinando ad Andromaco e Sosibio di abbassare le sarisse ed avanzare, per sbaragliare la falange avversaria con il supporto della cavalleria.

    I reparti guidati da Tolomeo, a cui si unirono le unità di elefanti corazzati, riorganizzatisi, volsero all'attacco degli stremati pachidermi nemici e costrinsero questi a ripiegare, mentre di Antioco, rimasto indietro durante l'inseguimento, non ve ne era più traccia, le ultime sue forze venivano brutalmente assalite e sconfitte.



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    Grande era lo splendore che si scatenava quando il Faraone vedeva la linea di battaglia, come Sekhmet furibonda al tempo della Sua collera.

    Le forze seleucide, in preda al caos, volsero in una funesta ritirata, spinti sempre più a nord, dall'impetuoso avanzare delle Armate Egizie.

    Solo una volta superata Tolemaide, nel frattempo abbandonata da Antioco, e riannessa interamente la Celesiria, Tolomeo, diede l'ordine di fermarsi, quando in lontananza era possibile scorgere Antiochia.

    I nemici erano stati sconfitti.

    Il Dio aveva di trionfato nuovamente.

    Eterna Gloria al Regno d'Egitto!


    [Articolo di Dark II]

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  • ::: :::: Annales Maximi ::: :::


    217 AC

    537 anni ab Urbe condita

    [Foto]

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    \\ Giunione, la dea adirata con Roma. \\

    [Civilitas Romana]

    - Continuatio Bellum Poenicum - Continuazione della Guerra Punica

    http://www.youtube.com/watch?v=nNGw4XiecxA

    Quasi si torna ad udire il pianto antico delle nenie, prima che le leggi delle dodici tavole le cancellassero.

    Gli dei quasi tutti sono adirati contro Roma, aizzati dall'incurabile collera di Giunione; per volere di Nettuno la terra dell'Etruria venne scossa da forti terremoti: le domus crollarono una dopo l'altra e delle case dei plebei, le insulae, non ne rimase traccia, benché un cumulo di polveri e di macerie là si levasse. Ma ben altra calamità, di natura umana e non divina, avrebbe da lì a presto colpito non l'Etruria ma tutta quanta la Repubblica.


    Contro qualunque aspettativa, combinando i poteri dell'aceto e del fuoco, Annibale spaccò le Alpi e le valicò portandosi dietro 90mila soldati e dozzine di elefanti: dei colossali pachidermi dalla pelle robusta e squamosa come quella dei serpenti, e dalle sottili orecchie a sventola; sono dotati di due zanne bianche ai lati della bocca con le quali si dice uncinino e trapassino le vittime. Al posto del naso protende una proboscide umidiccia che ricordando "ben altro fardello" umilia i nostri fanti.

    Già lo vedemmo Pirro, re dell'Epiro, a cavallo di una di queste bestie; schiacciati dall'enorme peso, con le loro mostruose zampe, comprimono ed esplodono i busti dei poveri centurioni che risultano essere delle piccole formiche al loro confronto, e le loro viscere sanguinolente vanno a inorridire il terreno.

    Ma come l'uomo dinnanzi a queste mostruose bestie, si fa prendere dal panico, così anche l'elefante teme l'uomo, e in particolare teme il fuoco. Non di rado questi dispendiosi animali scappano impauriti dal campo strombettando le loro proboscidi.

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    Gli dei erano adirati con Roma, parve a noi romani che per un momento persino la dea della Vittoria ci avesse abbandonati, consolando piuttosto le lacrime di Giunione. Stavano invece ancora nelle loro posizioni di combattimento Bellona, la dea della Guerra, e suo marito Marte; e questo accontentò per un po' l'animo dei bellatores.


    Annibale e i suoi uomini attraversarono l'Arno e conquistarono Fiesole; nello stesso mese i punici attraversarono il Trasimeno, dopo aver vinto sul Ticino e sul Trebbia.

    Fu una sconfitta dopo l'altra, tre erano le T: Ticino, Trebbia e Trasimeno. Il Senato pullulava di parole e di discorsi inconcludenti, Roma era avvolta da un alone di terrore: i punici erano inarrestabili, Annibale imbattibile, la Res Publica era in pericolo e con essa lo era la libertas dei cittadini romani.

    I Senatori elessero come consoli il democratico Caio Flaminio e Gneo Gemino, ma Flaminio perse la vita sul Trasimeno, e il partito aristocratico fermentò all'opposizione. La situazione era tesa, ma la repubblica aveva ancora i suoi dadi da tirare e la partita non era conclusa: era venuto il tempo di far salire un Dictator, un uomo di raziocinio ai quali dovevano essere conferiti i pieni poteri.

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    http://www.youtube.com/watch?v=nuqcHToDSQY


    Quinto Fabio Massimo Verrucoso fu quell'uomo; così chiamato per le splendide verruche marroni che adornano il suo pallido volto.

    Intere città dell'Emilia e dell'Umbria vennero devastate dall'impeto dei punici e dei loro elefanti. E man mano che il sudore scendeva dalla fronte dei romani, Annibale scendeva la penisola italica.


    Sebbene Publio Cornelio Scipione fosse stato inviato in Hispania, per riaffermare le posizioni romane sul fiume Ebro, Fabio era diverso da tutti quei politici a Roma che fremevano impietriti, per un rapido contrattacco. Lui osservava e vedeva Annibale e i suoi spostamenti. La strategia di Fabio Verrucoso era quella di prendersi tempo, perché mentre Annibale se ne stava nel freddo inverno, Roma avrebbe riorganizzato le legioni: Quinto Fabio Massimo fu quindi soprannominato "il Cunctator": il "Temporeggiatore".


    I punici, che erano arrivati nelle terre osche di Campania e di Apulia, non trovarono Grandi Armate contro cui battersi, ma solo piccoli manipoli, che spesso dopo alcune schermate battevano in ritirata.

    Il Senato, riconobbe al Dictator Quinto Fabio Massimo Verrucoso Cunctator, la ferma e fredda razionalità raziocinante, in totale disaccordo con il panico e il terrore della collettività romana.

    La speranza era tornata a Roma, ma collideva con la realtà: che i punici fino ad ora avevano soltanto ottenuto vittorie, e che una nuova minaccia stava crescendo nel nord: che barbariche orde Galliche sarebbero discese da nord al fianco di Annibale. Roma ha ricordo della brutalità irrazionale dell'animale Gallico, quando questi sfondarono le mura di Roma, si dettero alla sfrenata pazzia, derubando, appiccando incendi, uccidendo senatori, e violentando le nostre donne.


    [Civilitas Barbarica]

    - Conclusio Bellum Syriacum - Conclusione della Guerra Siriaca

    Intanto, mentre la Repubblica Romana soccombeva all'ira Giunionica, e non si poteva essere certi che avremmo mai rivisto la luce, una lettera pervenne per conto del Faraone Tolomeo IV. Lui, il falco adorato come Horus in terra dai suoi sudditi, uscito pressocché vittorioso dalla Guerra Siriaca, e fermatosi nelle sue imprese soltanto dopo aver ascoltato una voce da dentro, risparmiando ai vili e sporchi Seleucidi il totale disastro; oltre a simpatizzare con Roma per le perdite subite, ha dichiarato di essere ben disposto a commerciare con Roma, fornendo Grano e Schiavi in cambio di metalli ferrosi.


    Il Senato ed il Popolo Romano hanno risposto contenti confermando l'alleanza, tuttavia lo scambio dei beni è stato dovuto rinviare all'anno che verrà perché le risorse metalliche, che produciamo abbondantemente, erano state tutte spese. Più tardi il Senato ha dichiarato le proprie ostilità nei confronti dell'Impero Seleucide, nemico non solo dell'ora alleato Tolomeo IV, ma anche di tutti quei paesi anatolici che si sono schierati in tempo recente con Roma.

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  • AGORÀ

    217 AC
    (559 anni dalle prime Olimpiadi)

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    {Fatti e Antefatti}

    Le Poleis di tutta l'Ellade, i centri urbani che hanno partorito filosofi, politici, matematici e pensatori: la fierezza dei Greci, cade in rovina, sconvolta da due secoli di terribili vicissitudini: il tempo di Leonida e l'età di Pericle sono finite duecento anni fa, quando dopo il colpo di stato dei 30 tiranni, era diventato chiaro a tutti che la democrazia aveva indebolito Atene, lasciando che sprofondasse nel caos; ma fu soltanto quando il popolo macedone discese dalle terre a nord del monte Olimpo che Filippo I, e poi il Giovane Alessandro presero le redini del mondo Greco, che i Greci ritrovarono l'ordine che avevano perduto dopo le Guerre Persiane.

    Dopo la fine dell'Impero Macedone, smembrato dalle lotte interne tra i diadochi, il disordine e la guerra tornarono a flagellare gli Elleni: i Celti che scesero dai Balcani portarono il dio della guerra con loro, e profanarono il sacro tempio del dio Apollo, saccheggiarono l'oro di Delfi e lo portarono a Tolosa; dove i poeti dicono si trovi ancorà là, custodito dai druidi.

    Grazie a Zeus, i cittadini di Delfi riuscirono a mettere in salvo l'Onfalo (ombelico, tomba del serpente Pitone): il più sacro artefatto di tutta la Grecia, che fino a quel momento era custodito nella casa del dio Apollo.

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    Fin dall'inizio la colpa fu di Sparta e di Corinto, che si ostinavano a ripetere che noi macedoni non fossimo dei veri Greci; e con l'idea, che noi fossimo dei barbari al pari di quei rozzi dei romani e dei persiani, Sparta, e tutti i popoli Etoli, attaccarono le poleis achee di Corinto iniziando la Guerra Sociale. Filippo V, riuscì con successo a difendere il reame dall'attacco del sud; e per oltre un anno i macedoni hanno avanzato verso il Peloponneso, sottomettendo Tebe, e riducendo in schiavitù i Tebani.

    Il cammino dei macedoni verso la vittoria fu fermato quando arrivò la notizia della discesa di Annibale dalle Alpi: Filippo V decise questo stesso anno di firmare a Napuatto un armistizio per porre fine alla Guerra Sociale. Filippo aveva teso una mano ai Greci. Gli Etoli non capiscono che anche noi come loro siamo Greci, e che la Grecia si trova in pericolo accerchiata dai veri barbari: i Romani ad occidente, e i Persiani ad oriente (sotto il nome di Seleucidi).

    Gli stessi Seleucidi, dopo essere stati sconfitti in Siria dalle armate tolemaiche, mettendo a nudo le loro debolezze che fino a quel momento erano velate dalla vasta estensione del loro territorio, hanno provato a stabilire un alleanza con il nostro paese sostenendo superbamente di essere Greci anche loro. Alle sciocche e presuntuose affermazioni della lettera di Antioco III, Filippo V non ha potuto non replicare.

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    Roma non potrà resistere un altro anno alla forza di Annibale che ha ottenuto importanti vittorie sul Trasimeno e sta scendendo rapidamente verso il sud dell'italia: i popoli ellenici devono accettare le proprie differenze ed essere uniti contro la minaccia romana. E la Macedonia, il più potente stato della penisola, deve essere a capo della Grecia; altrimenti presto o tardi i barbari ci conquisteranno e Ares solo sa quanto tempo ancora la nostra civiltà vedrà la luce.

    Filippo V, Basileus di Macedonia e delle poleis Achee, ha intrapreso la costruzione di una flotta di quinquireme, e sta preparando l'esercito; ma pare che ancora una volta Sparta percepisca noi Achei come una minaccia, e stia a sua volta preparando l'esercito.

    Che Roma possa cadere oggi anzicché domani, quando la sua potenza sarà cresciuta.


    [Articolo di Astrid I]

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  • ~ Le Cronache Celtiche, la saga di Viridovix.


    {II, Gli dèi della guerra}
    ~ Ogronniôs1243 (''217 a.C).
    ~ www.youtube.com/watch?v=rFwsAuuI3dw).

    Nome: DWwnU1K8ydfRgbocqtxBtjl72eJkfbmt4t8yenImKBVvK0kTmF0xjctABnaLJIm9.jpg Visite: 42 Dimensione: 31.9 KB


    Non ci furono dì più gloriosi che quelli che la Gallia avrebbe conosciuto di lì a poco, grandi carri venivano trainati da selvaggi cavalli, i carnyx (''le trombe da guerra'') squillavano, e tra le miriadi di lance che minacciavano i cieli, le spade di ferro sguainate, i grossi scudi di legno incisi con gli emblemi tribali, ed i vari contingenti di uomini, in volto austeri e superbi, Viridovix si ergeva a capo di queste armate tanto nefaste quanto ''barbariche'', così come Roma sovente soleva definirci.

    I Galli sia adornavano per la guerra con gli elmi alati, e gli Elvezi imbracciavano innumerevoli armi; a questi si unirono ingenti orde di guerrieri Aquitani, ed un esiguo numero di Belgi, i più spietati tra le fila dei militanti. La guerra era stata ormai consacrata con il sangue dei vergobret delle varie tribù, Orgetorix, Teutomalix e Cingetorix si inchinarono di fronte a Viridovix di Gallia, e promisero che lo avrebbero coadiuvato in qualsiasi momento con la campagna contro Roma, seguendolo in battaglia ovunque ce ne fosse stata la necessità.

    I Druidi, sacerdoti vati e custodi delle eloquenti Tradizioni, consacrarono uno ad uno ogni membro della tribù disposto a combattere, sembre che se rispettasse i canoni anagrafici. E fu così che l'armata di Viridovix fu accolta presso la ''foresta dei Carnuti'' al cospetto dei sacerdoti, i quali celebrarono un rituale per Toutaits, per placarne l'ingordigia di sangue ed invocarlo a difesa delle sue genti. All'interno di una imponente scultura di vimini i Druidi segregarono un ''reietto'', un assassino, che venne fatto bruciare tra le sacre Fiamme, ed epurato dalla suo spirito decaduto.

    Un insolito vento soffiava da nord, gelido e veemente si scontrava contro i robusti Menhir, eretti dai nostri padri ancestrali secoli or sono, e così il venerando Hoenir, il più saggio e lungimirante tra i sacerdoti, si levò dalla sua seduta, e si posizionò intorno al simulacro centrale, simbolo del dio Lùg; gli altri Druidi si allinearono intorno ad Hoenir, ed egli alzò lo sguardo al cielo con i suoi occhi grigi, e sentenziò con empia voce un vaticino:



    « Mille frecce oscureranno il Sole,

    e precipiteranno con sanguinaria violenza sopra i nemici,

    catapultandoli nell'Oblio.

    Toutatis discenderà assieme al suo carro da guerra,

    adirato contro le Legioni dell'Aquila.

    I cieli si faranno oscuri, cumuli di nebbie occulteranno ogni luce,

    ed il rumore degli indomabili venti preannunceranno temibili piogge.

    Tuoni rimbomberanno nel firmamento, e numerose saette brilleranno nel plumbeo cielo, evocando così l'inquietudine di Taranis.

    Il sangue sgorgerà a fiumi tra le lande, e sazierà la sete di Hessus; corvi e cornacchie voleranno nel cielo, ricordando ai Celti, vestiti d'orso, la vittoria imminente.»



    Nome: images.jpg<br>Visite: 39<br>Dimensione: 10.0 KBNome: b1083747d8f54527415e9bfc11601ba3--stonehenge-wales.jpg<br>Visite: 38<br>Dimensione: 10.5 KB



    {http://www.youtube.com/watch?v=1yU9QyBa-v0}

    {I Druidi ed i sacri Menhir}


    Fu così chel'epopea dei Celti inneggiò alla faida contro i figli di Roma, in cui gli orsi celtici si sarebbero scontrati contro i lupi italici.

    Viridovix condusse le proprie armate contro quella che un tempo era terra dei Galli, ma che fu assoggettata ed egemonizzata dalla stirpe di Grecia, scagliandosi così in modo furente contro la provincia di Massalia, mentre inviò emissari e corvi presso i Celtiberi, dove Magavarix, condottiero degli Iberi, apprese che i rinforzi sarebbero presto sopraggiunti anche a meridione.

    Gli Dèi avrebbero condotto gli Eroi caduti presso Annwn, l'Oltretomba degli arditi. Mentre i superstiti sarebbero stati ricoperti di Gloria ed Onore, e mai più avrebbero subito umiliazioni entro le proprie terre, all'insegna del valore autodeterminante dei popoli e alla lotta ascetica per la sopravvivenza.



    Nome: gallic-and-celtic-warband-7.jpg<br>Visite: 48<br>Dimensione: 57.4 KB



    [Articolo di HerbertBacke]

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  • Σελευκιδική αυτοκρατορία

    141 Inverni dalla Nascita del Sommo Sovrano Seleuco.


    \\Επαναλήψεις της αυτοκρατορίας. (Riconquista dell’Impero)//

    -Oh popolani che udite le parole del vostro Oratore, porto a voi buone novelle proveniente dal lontano Palazzo di Antioco III Basileus dei Seleucidi ove al suo interno il nostro Temibile Sovrano ha riunito nelle camere reali “L’Assemblea dei Philoi” una giunta di consiglieri: uomini saggi e intelligenti, conoscitori dell’antica e nobile arte della scrittura e della lettura gli unici e soli capaci di poter dare saggi consigli al Sovrano,

    Il risultato della riunione è giunta dopo molte Lune ed è la seguente: Essendo Antioco III l’unico e degno Erede dell’Impero Seleucida ha come preciso compito quello di salvaguardare il suo bene difendendolo da qualsiasi nemico esterno ed interno, per cui le azioni di Acheo, Molone ed Alessandro sono state condannate come tradimento verso l’impero e la memoria di Seleuco, Padre fondatore dell’impero, per questo coloro che appoggeranno i traditori dell’Impero saranno perseguitati a vita finché la orrida figura della morte non giungerà da loro per portarli nel Ade ove pagheranno il tradimento commesso perendo per tutta la loro esistenza nel fuoco ardente.

    Antioco III a capo di un numeroso esercito formato da più di 70.000 uomini armati e corazzati, si dirige verso Acheo il primo dei traditori che si è autoproclamato “Re dell’Asia Minore” e per questo dovrà essere giustiziato per il bene dell’Impero anche se nel profondo del cuore di Antioco questa è un orribile scelta poiché in età giovane loro erano fedeli amici e compagni di mille avventure legati da un legame che va oltre essere semplici cugini. Le Falange Seleucide sono dunque in marcia verso la città di Cilicia autoproclamata Capitale del Regno di Acheo pronti a raderla al suolo distruggendo tutto e tutti coloro che hanno scelto di seguire Acheo; sotto il forte sole trainato dal Sommo Dio Apollo i cui raggi colpiscono incessantemente la debole carne dei soldati, il lungo cordone di Falanghe segue muto e impassibile il loro Re Antioco III posto all’inizio della lunga linea di teste metalliche su di un carro trainato da dei cavalli simbolo della sua importanza poiché un Re del suo calibro non può e non deve camminare come i suoi degni, ma insignificanti soldati poiché Lui nelle sue mani ha la forza;dalla sua bocca penzola il destino di ogni vita che risiede su questo impero che può spegnersi se solo lui lo ordinasse; nel suo corpo circola il sangue puro del fondatore dell’Impero Seleuco. Quando il sole lascia spazio alla leggiadra luna che porta con se soffi freschi, gli imponenti soldati si incamminano e quando il sole picchia forte sopra i loro capi essi si fermano per potersi riparare, ma un Dì di questi un avvenimento strano che ha del Divino accade: dinanzi alla tenda di Antioco III una soave musica rimembra in tutto l’accampamento che sembrava provenire da un arpa Divina e subito i soldati si allertano e incominciarono a cercare da dove provenisse la melodia, ma in vano… Antioco stanco di dover ascoltare la melodia ripetitiva usci sbraitando dalla sua tenda ed essa subito svanì e al suo posto una sagoma misteriosa si avvicina. Era un vecchio, un anziano zoppo che si sorregge con un bastone si avvicina al Re con una sorprendente velocità e ciò subito rappresento un problema per i soldati che cercavano di bloccarlo, ma senza riuscirci poiché nessuno poteva muoversi.

    Il Vecchio giunge dinanzi ad Antioco ed insieme entrano nella tenda; nessuno sa di cosa hanno parlato anche se in realtà nessuno è sicuro se ciò è avvenuto oppure è stata opera di un sortilegio, fatto sta che il Re da quel giorno ha chiesto numerosi libri da leggere durante il viaggio che riguardasse la cultura greca e la storia della città ateniese e chiunque gli domandò cosa sia successo quella mattina non risponde dicendo solo “Presto tutti sapranno” lasciando un alone di paura e curiosità.

    Acheo rinchiuso nella sua città-fortezza prepara la difesa contro l’imminente attacco delle Falange Seleucide ritenuta dai comandanti seleucidi inutile poiché niente e nessuno può fronteggiare un attacco del genere, ma pur sempre onorevole è il voler di Acheo che nonostante il destino segnato dalla sconfitta e la morte non rinuncia al suo onore da guerriero combattendo fino alla fine, finché il suo cuore continuerà a battere e la sua anima non abbandonerà il corpo per giungere nell'Ade.



    \\Αιγύπτιοι χωρίς τιμή. (Egiziani senza Onore)//

    -Cosa è un Guerriero senza onore ?

    Sicuramente un inutile essere non degno del dono della vita gentilmente concesso da Zeus destinato alla sola sofferenza che riceverà nell’Ade ove il suo corpo subirà le peggiori punizioni divine fino alla fine dei tempi, ovvero mai.

    Ed è questo il destino di ogni singolo egiziano popolo indegno formato da uomini senza onore capaci di saper solo infangare chi riconosce la loro sconfitta, sentendosi forti per una banale vittoria credono di poter considerare la Siria una provincia del loro vile Impero mentre essa fa parte dell’Impero Seleucida e mai lo sporco vessillo Egiziano sarà sventolato sulle città Siriane senza che nessuna spada sarà spezzata e sangue abbevera le aride terre.

    Sono giunti nel nostro Impero documenti scritti su papiri egiziani da una mano abile, uno scriba, abile nell’arte della scrittura capace di riuscir a soggiogare le menti del lettore inducendoli a far pensare che la vittoria Egiziana nell’ultima Guerra Siriaca abbia reso l’Impero di Tolomeo il possessore della Siria; costruendo intorno a questa mistica vittoria uno scenario surreale infangando il buon nome di Seleuco come fanno i giovani bambini che non sapendosi difendere sputano parole acide dalle loro fauci nell’invano motivo di logorare la loro vittima e soprattutto di far credere a chi assiste l’immaginaria superiorità Tolemaica del tutto non vera.

    L’Impero Seleucida è si stato indebolito notevolmente dalla divisione dell’Impero, ma una volta che i traditori saranno estirpato.

    Gli Egiziani sono un popolo la cui cultura è nulla in confronto a quella sacra e magnifica Greca che il Mitico Alessandro Magno ha cercato e riuscito a diffondere in tutti i territori che esso ha conquistato con il sangue di coloro che si sono opposti, tra cui anche i putridi Egiziani piccoli uomini che per sentirsi importanti e forti venerano Dei inesistenti così inutili e fantastici che essi vengono rappresentati con i volti di semplici e imbarazzanti Animali ripudiando ciò che Alessandro ha cercato di far apprendere loro: La Cultura e L’Intelligenza.

    L’ultima disonorevole atto egiziano, riportato da dei manoscritti Romani, è quello di essersi alleati proprio con Roma, un popolo che minaccia gravemente i popoli Greci e la Cultura Greca, ma infondo cosa si può mai aspettare da loro se non ciò che stanno per diventare: Servi nelle mani dei Senatori Romani.

    \\Πουνικός πόλεμος. (Guerra Punica)//

    -Roma, una piccola città costruita al centro della Penisola Italica che in poco tempo ha subito dimostrato una tenacia e forza sovrumana, capace di costruire un esercito degno di essere considerato uno dei più potenti del mondo senza tralasciare la fioritura costante della loro cultura, della loro immensa capacità di gestire agevolmente l’economia del paese, ma senza dubbio il gioiello più importante di questa città è la mente di coloro che la governa.

    Ebbene si la potenza di questo piccolo popolo è nella loro immensa saggezza e intelligenza dal punto di vista politico capaci di riuscire a governare un grande Regno in modo impeccabile senza troppi problemi, ma soprattutto nelle relazioni con le popolazioni estere lì eccelle la loro forza. In poco tempo possono riuscire a piegare un intera popolazione dell’interno senza nessun problema stringendo finte alleanze o promesse il cui fine è solo quello di un vantaggio proprio; gli uomini Romani sono maghi nella pregevole arte dell’eloquenza e dell’orazione e da questo possono piegare tutti i popoli che essi vogliono e un chiaro esempio è quello che sta avvenendo con Tolomeo o i vari alleati di Roma sparsi in Asia Minore e in Grecia, e se voi che udite ritenete che questa sia un futile modo per infangare Roma vi rifletto a pensare: Roma e i Romani ripetono incessantemente che qualsiasi popolo,Seleucidi, Greci, Celti, Cartaginesi e gli Stessi Egiziani, siano “Barbari” ovvero popoli senta cultura e ciò significa che l’unico Popolo Acculturato sia il Loro, ma ciò non spiega come si possibile che loro si alleino con popoli barbari, invece si: l’unico scopo di queste alleanze fa parte dell’obiettivo finale di Roma ovvero quello di piegare chiunque incontri per la loro strada.

    Buone Novelle arrivano dalla lontana Penisola Romana che annunciano una grande disfatta dei Romani avente loro perso territori del nord della penisola per mano dei Fieri combattenti Cartaginesi comandati dal Prode Annibale che tramite la strategia dell’inganno è riuscito a prendere di sorpresa i Romani; facendo credere di un imminente attacco via mare i Romani hanno impiegato il loro esercito nella difesa delle coste lasciando scoperto il Nord da cui era impensabile un attacco, impensabile dai Romani ma no da Annibale che con un Esercito imponente ha percorso la terra dei Celti e attraversato le montagne della Penisola per poi attaccare senza pietà i Vili Romani.



    [Articolo di Ferdinand-Foch]

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  • Carthagine commentarius

    216 AC

    502 Anni dalla nascita di Cartagine.-

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    https://www.youtube.com/watch?v=HkLik8A_AyM

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    350?cb=20160104192727&path-prefix=it

    E discendemmo cosi l'Italia Annibale e la sua folta schiera di soldati marciava impavida senza timore, non un solo popolo si era trattenuto dall'aizzarsi contro l'infamia e la tirannia di Roma, lentamente le vittorie di Cartagine si propagavano per mare per aria e per terra ogni schiavo ed ogni popolo soppresso.

    Discesa la Gallia cisalpina ci trovammo in Etruria e marciammo impavidi verso Roma ma la nostra marcia venne interrotta dal console Gaio flaminio e da Gneo servilio Genimo cosi Annibale uomo di tattica insuperabile sposto l'esercito verso il lago Trasimeno e le truppe a piedate lungo le colline nascondendo cosi anche la cavalleria lungo una gola la quale i Romani non avevano ancora considerato con importanza. E cosi l'imboscata e la carica della cavalleria Numidica famigerata in tutta cartagine e non solo per la sua micidialità fecero breccia nelle loro difese portando alla morte oltre quindicimila morti e lo stesso numero fatto in prigionieri di guerra.

    Il Console pagò cara la sua sfrontatezza in battaglia, Gaio Flaminio morì tra le atrocità che la guerra comporta e Annibale col suo nome divenne ancora più famigerato.

    Ed è con quella carica che mosse nuovamente i suoi uomini verso la Puglia.

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    https://www.youtube.com/watch?v=GmvM6syadl0

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    Roma aveva paura, per la prima volta capì cosa voleva dire il vero terrore, tanto furono codardi da nominare un responsabile alla loro guida, qualcuno su cui scaricheranno le loro colpe una volta che tutto ciò sarà finito. Poveri stolti.. Quinto Fabio Massimo venne celebrato da eroe ed eletto a dictator una carica che gli conferì il potere assoluto.

    Tuttavia gli Dei sono gelosi ed avidi, Annibale se fatto troppo vanto di quella miriade di vottorie impareggiabili, passando lungo le paludi campane la malaria ha colto infragrante i suoi uomini e lui stesso rendendolo cieco dall'occhio destro, un piccolo prezzo da pagare messo a confronto con la vittoria contro il tiranno.

    Bisogna far capire all'aquila di Roma quanto ormai sia caduta in basso, bisogna far comprendere loro che in questa guerra non vi è l'odio di una sola nazione.

    Canne diventerà cosi la tomba di settantamila Romani, la più grande tra le battaglie combattute.

    Mercenari Galli, Numidi e volontari si unirono alle file dell'esercito di Carthago in quella che pare sarebbe sicuramente stata una delle ultime battaglie prima della grande vittoria.

    Nei pressi del fiume Aufidio nonostante il cielo fosse sereno e neanche un corvo di malaugurio volasse tra le nuvole gli animi di Roma e di Cartagine facevano tremare la terra con l'imponenza dei loro sguardi e gridi di battaglia, gli elefanti barrivano i soldati suonavano i corni e fu tutto questione di pochi attimi Roma caricò e le la cavalleria Cartaginese battè in una falsa ritirata facendosi inseguire da questa, le truppe schierate in difesa allargarono le fila lasciando che i soldati Romani potessero adentrarsi tra di loro.. e cosi poi avvenne il grande massacro, grida sangue e budella che schizzavano ovunque, la cavvalleria Romana distrutta dopo l'inaspettata manovra di Annibale.

    Varrone scappò con la coda tra le gambe insieme a quelle poche migliaia di uomini ancora in vita, come ulteriore sfregio vennero raccolti gli anelli d'oro dei patrizzi a terrà ben settantamila e furono inviate a cartagine come segno di vittoria schiacciante.

    In questi giorni, molte città cambiarono il loro schieramento, Roma haveva perso le battaglie ma anche la fiducia di tutti i suoi cittadini che per disperazione in cerca di clemenza e salvezza passarono sotto l'imponente guida di Annibale il quale li grazziò.


    [Articolo di Mussulmanopazzo]

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  • ::: :::: Annales Maximi ::: :::


    216 AC

    538 anni ab Urbe condita

    [Foto]

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    \\ Le triremi Greche lasciano il porto di Massalia carichi di donne e di bambini. \\

    http://www.youtube.com/watch?v=ct74WoWzeMs

    [Civilitas Romana]

    - Clades Romani Cannae - Sconfitta Romana a Canne

    Roma muore, e con essa i suoi alleati. I Galli discesero dal nord atavici e iracondi, carichi di odio e di barbarici impulsi, sfondarono le innocenti mura dell'ellena città di Massalia, colpevole soltanto di aver avuto una relazione speciale con Roma; sfondate le fortezze, cadono le città. Massalia vide i Galli avanzare a passo svelto, il panico si diffuse. I capi richiamarono i vascelli dal porto, perché ormai consci della fine, prepararono per lo meno l'evacuazione delle donne e dei bambini. Furono messi in salvo. Gli schiavi e i soldati difesero invece le mura, ma senza la convinzione che il loro sacrificio avrebbe potuto cambiare le sorti dell'imminente assedio. Intanto animati ancora di un briciolo di speranza spedirono un emissario al campo di Viridovix, laddove però non riuscì a trattare la salvezza di Massalia, il quale fato era ormai stato scritto. L'emissario corse impaurito verso Massalia, ma la colonia Greca era stata evacuata, e le strade che pullulavano di mercanti, ormai vuote.


    Poi arrivarono i Galli, che seviziarono infine il rimanente spirito di Massalia.

    Le imbarcazioni arrivarono a Roma, le donne e i bambini erano al sicuro. Giurò il Senato, che non appena il vento avesse soffiato a favore della Repubblica, Massalia sarebbe stata restituita ai Greci. E sarebbero spettati a Roma: Mediolanum e Genua.

    A parole. Ma nei fatti rapidamente muore, la nostra cara Repubblica, sorta civilmente dopo il rovesciamento della tirannica monarchia di Tarquinio il Superbo; barbari furono Annibale, che valicò le Alpi, e i nostri vecchi e pazzi senatori, che lo permisero. Barbaro fu anche Quinto Fabio il Verrucoso, che attese, e attese troppo, mentre Annibale si annetteva quei territori che Roma ottenne in tre secoli di lotte. Il Senato non rinnovò la carica di Fabio, ed elesse consoli Lucio Emilio Paolo e Gaio Terenzio Varrone.

    Se Lucio Emilio Paolo, era un uomo prudente, non si poteva dire altrettanto di Terenzio Varrone. Varrone chiamò a se il più Grande Esercito che Roma avesse mai schierato contro Annibale; mai ricadde su un uomo solo, la responsabilità per la morte di così tante persone.

    « Come pensi di vincere su Annibale, su un vasto campo erboso, quando i punici sono superiori in fatto di cavalleria? » Lo fermò il prudente Lucio Emilio Paolo.

    E a Canne si scontarono Annibale e le truppe romane, con a capo i due consoli. Furono schierati 40mila soldati e 2mila cavalli, 10 mila erano invece i cavalli dei punici.

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    Lottarono al nostro fianco i Sicani, i Rutuli, i Marsi, i Sanniti e i Bruzi, assieme a tutt'una moltitudine di altri popoli italici. Gli alleati italici lottarono fianco a fianco dalla parte di Roma, con la promessa che dopo la vittoria, la cittadinanza romana sarebbe stata estesa a tutta la penisola. Furono messe in campo tutte le forze che la Repubblica riuscì a coadiuvare, affinché Annibale venisse sconfitto una volta per tutte. L'esercito dei punici era costituito prevalentemente dall'abile fanteria libica e da mercenari Gallici, ma fra tutti, furono i frombolieri delle Baleari, con i loro proiettili di pietra, a sterminare centinaia dei nostri. Fu infine la cavalleria, caricando rapida sulla pianura di Canne, che accerchiò le forze di Roma e fece un ecatombe.


    Quì vi perse la vita, il console Lucio Emilio Paolo, l'uomo che meditò contro la scelta di Varrone.

    Lodevole fu il tribuno militare Publio Sempronio Tuditano e il suo celebre discorso, che consolò i soldati italici. Il manto erboso dei verdi prati di Canne bruciava; ma i nostri, sebbene la sorte fosse avversa, e sebbene Vittoria ci avesse abbandonati, si distinsero per il valore. Giacevano accatastati l'uno sull'altro i morti, più di 70mila contando gli ausiliari: si tratta di un innegabile disastro dalle proporzioni gigantesche.

    Durante la notte, la follia omicida dei punici fu sfrenata: si ubriacarono come si ubriacano i Greci durante i Baccanali, accoltellarono i cadaveri dei soldati morti, e praticarono cose oscene su di essi. Animali furono loro. Gli dei stessi, crediamo abbiano provato pudore nell'osservare le immonde azioni delle truppe di Annibale.

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    Perduta Canne, si ribellarono i Bruzi e i Lucani, e si ribellarono anche i Sanniti; animati da antiche vendette si unirono ad Annibale. I Bruzi, detti anche Brutti, abitanti della Calabria, odiavano Roma perché nel momento in cui il loro impero stava nascendo: essi furono stroncati. E i Sanniti sono noti a tutti, sono coloro che umiliarono i soldati romani, facendoli passare disarmati sotto un tunnel di lance. Anche Capua, città di Schiavi e di Gladiatori, tradì i latini unendosi alla causa Annibalica. Resistettero all'assedio, Neapolis e Taranto, che furono fedeli a Roma, come i pulcini lo sono nei confronti dell'Aquila.


    Lo sconforto la fece da padrone a Roma, era ormai certo che la Repubblica sarebbe finita: Canne era una distesa di corpi inermi, non era stata riportata alcuna vittoria, la dittatura di Fabio fu inconcludente e una sconfitta dopo l'altra Annibale era ormai alle porte dell'Urbe. Quinto Fabio Pittore fu mandato dal Pontefice a Delfi, per consultare l'Oracolo di Apollo e chiedere direttamente il consilio al Dio. La sacerdotessa Pizia ha accolto Pittore dicendo: "Roma sarà assediata due anni, ma non cadrà. Poco tardi Giunione vi perdonerà."


    [Civilitas Barbarica]

    - Barbari in Bellum Poenicum - I Barbari nella Guerra Punica

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    Ed ecco che nei tempi più oscuri della storia romana, tutti i nemici dell'Aquila escono allo scoperto e confabulano la fine della Repubblica. Filippo V il Macedone ha stretto un alleanza con Annibale, dichiarando di star preparando una flotta per l'occasione. Il Senato romano ha quindi inviato in Grecia Quinto Fabio Pittore ed alcuni emissari per stabilire delle alleanze con i popolo Etolici, nemici dei Macedoni, che tuttavia in passato rifiutarono le alleanze proposte da Roma rendendo dunque sempre tesa la disperata attesa.


    I Seleucidi, barbari persiani dell'Oriente, che accusano senz'altro a torto Tolomeo di mancare di onore, quando nello stesso, l'ex Imperatore Acheo tradisce il proprio popolo fondando tutt'altro reame; scaricano contro Roma l'accusa di voler corrompere i popoli del mondo. Roma tuttavia, a differenza dei Greci, di cui i Seleucidi si vantano di essere tramandatari della cultura ad Oriente, non corrompe i popoli stranieri vendendo idee effemminate, stili artistici e letterari che traviano i Giovani e li allontanano dalla Guerra e dalla vita politica, trasformandoli in delle femminucce.

    Soltanto i Tolomei sembrano essere veri alleati di Roma: nel più duro dei momenti: abbiamo potuto acquistare 1500 dei loro mercenari Galli e Traci.

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  • ~ Le Cronache Celtiche, la saga di Viridovix.


    {III, Furor Gallico}
    ~ Qutiôs 1242 (''216 a.C).
    ~ (www.youtube.com/watch?v=ZPCuGhezeHk).

    Nome: 03(1496).jpg Visite: 118 Dimensione: 54.3 KB

    « O Silvano, semicelato nel sacro frassino
    e sommo custode di questo nobile giardino,
    a te dedichiamo riconoscenti questa poesia,
    giacché attraverso i campi e i monti delle Alpi
    (siamo) ospiti del tuo bosco dal soave profumo.
    Proteggi, con il tuo incommensurabile amore,
    me e i miei fratelli, che torniamo in patria nostra, continua a sostenerci
    e concedici le nostre terre, (che) coltiviamo sotto la tua protezione.
    Tosto (ti) consacrerò mille grandi alberi.»

    ~ (Invocazione a Sucellôs, Dio silvano).

    La profezia del saggio Hoenir, il più eloquente tra i Druidi, si avverò.

    Massalia torno tra i domini delle Gallie, sotto la guida dei celti, popolo autoctono dell'ambiente.

    Le mura che erano state infrante con violenza furono riparate, ed erette di nuove laddove quelle varcate risultavano irreparabili, il villaggio fu riedificato alla maniera gallica, costruendo le abitazioni attorno al centro, la piazza dove l'artigianato ed il mercantaggio animavano la vita della nuova cittadella.

    Viridovix e la sua imponente armata si stanziò ivi, e si tennero banchetti e feste, e fu sacrificato un ariete per riverenza a Toutatis, Tranis ed Hessus, gli dèi che avevano assistito le furenti orde galliche a quell'assedio, che tuttavia non si rivelò impresa ardua, poiché alcun eroe, oppure ben pochi, erano rimasti a difendere il proprio villaggio.

    Non esiste alcuna escatologia per deviare il corso della Giustizia e della Vendetta, il sangue che fu versato era il pegno per aver straziato le terre galliche, ed un modo per intimidire Roma ed i legionari dei consoli romani, tra cui la nomea di ''Quinto Fabio Massimo'' divenne celebre tra le file delle Gallie.



    I preparativi per i prossimi obiettivi sono stati pensati durante tutta la notte tra Viridovix ed i ''rix'' Gallici, la formazione di armate più prosperose e insolenti era il compimento del primo punto, per poi poter attaccare verso altri punti strategici; alcuni manipoli di Liguri si diedero alla razzia tra le isole del mediterraneo, con lo scopo di demotivare le truppe locali ed ostentare il ''furor celtico'', e laddove fosse possibile... conquistare nuove terre.


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    Le azioni di Annibale, condottiero dei Punici, erano state declamate dai bardi celtici, così come le gesta di Viridovix, il vergobret dei Galli e le nequizie del volgo romano. Le potenze d'oltremare, ostili a Roma, sarebbero presto insorse, tuttavia non avrebbero rappresentato dei veri e propri alleati per i Celti, ma solo nuove terre di cui apprendere la locazione, e forse appropriarsi di beni e ricchezze, disseminando panico e tormento.


    Tra gli scaldi si palava di terre calde, e montagne di sabbie, appartenenti a Tolomeo IV, mentre d'un'altra già si conosceva la dislocazione, tra le sponde greche i nostri padri avevano travisato un cospicuo bottino, che avevano riportato in terra celtica, e disseminato chissà dove, forse solo i Druidi potevano rispondere per quanto concerne il suo nascondiglio.

    Rare notizie giungevano invece dall'oriente, delle terre quasi sconosciute, di cui si narravano solo di numerose imprese belliche tra i ''seleucidi'', così i mercanti ci dissero si chiamassero la gente di quelle parti, ed il volgo di Tolomeo.

    Nel frattempo i Celtiberi posavano il proprio ostile sguardo sulle legioni dal vessillo d'Aquila, essi avevano occupato una provincia non molto distante dai regni di Magaravix, e ben presto si sarebbe raccolto un contingente che da settentrione e da ovest avrebbero scacciato quell'incombente minaccia. Ma gli Dèi non si espressero attraverso i vaticini dei lungimiranti Druidi, né tantomeno essi sentenziarono il futuro, imminente o distante che fosse. Il Fato era occulto, così come le decisioni che ricaddero su Magaravix, e contemporaneamente su alcune forze di Viridovix, inviate a sostegno dei fratelli Celtiberi.


    [Articolo di HerbertBacke]

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  • ♗ ::: ☥ - Divina Tavola di Horus - ☥ ::: ♗

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    90° Anno di Regno (215 A.C.)

    hiero_G8.png?a8843 ----------------------------------------------------------------------- hiero_G8.png?a8843



    /-/ Sangue dalle fauci di Buchis, Api vivente, araldo di Ptah,

    colui che fa salire la verità fino al Dio dal bel viso. /-/

    hiero_I14.png?9d038 - [Apopi pervade Tebe] - hiero_I14.png?9d038

    ..................................................



    220px-Amun.svg.png220px-Amun.svg.png

    -----------------------------------



    Fin dagli albori dell'Antico Regno, la totale venerazione e devozione al Supremo, Amon, fu tradizione sanguigna per Tebe e per tutta la Tebaide.

    Colui che aveva salvato, con la sua scesa, non solo Tebe, ma tutto l'Egitto, dalla furia dei Popoli del Mare che secoli or sono minarono il nostro Regno.

    Nessuno poteva resistere alle loro armi: da Hatti, a Qode, a Cherchemish, ad Arzawa e Alashiya, tutte furono distrutte allo stesso tempo. La loro confederazione era composta dai Pelaset, dagli Tjeker, dagli Shekelesh, dai Denyen e dagli Weshesh. Essi misero le proprie mani sulla terra che si stendeva, mentre i loro cuori confidavano che il piano sarebbe andato in porto.

    Razzie e malvagità si ramificarono in tutto l'Egitto, così che discese dal cielo il Sommo Amon, in soccorso al suo popolo e a suo figlio, per abbattere il male che giungeva

    dal centro del mare navigando arditamente con le sue navi da guerra.

    Così il Divino schiacciava i malvagi con la sua possente alabarda e a Tebe veniva eretto un Grande Complesso Templare, che in cuore lodava il Misterioso, colui che è ricco di nomi, nel suo Altare.

    Ogni anno, dopo ogni esondazione del Nilo per volere di Hapy, tutto l'Ordine Sacerdotale ad Amon devoto, si riuniva a Karnak per celebrarne le gesta, venerarne la memoria e lodarne l'esistenza.

    Dai sacri rituali svolti ai piedi del Dio coronato dalla doppia piuma, ne si genera la divina essenza, portata in processione sull'User-hat e poi lungo il Grande Fiume, a risalirlo fino punto in cui questo da vita al Verde Mare.

    Unificate le figure dell'Occulto e del Sole in un'unica potentissima entità, Amon-Ra, anche questo divenne oggetto di venerazione, sostituendo il solo Amon.




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    Nessun oracolo preannunciò però il dissacrante e terribile evento che avrebbe colpito non solo le celebrazioni, ma il Dio stesso...

    Apopi, Asfet, la Malefica Serpe che cinge il mondo con il suo squamoso corpo, ha compiuto un orrendo crimine contro la Luce e contro tutta l'umanità.

    Nelle Antiche Scritture è possibile ritrovare il Signore del Caos in un suo vile tentativo di sovversione contro colui che lo confinò nelle tenebre per via della sua natura malvagia.

    Infierì la Lucertola contro il Sole Ra e la sua Barca, tendendo al Sommo un'imboscata poco prima della Decima Regione della Notte, quando lo scorrere dell'acqua celeste porta la barca solare a sorgere lentamente.

    Si ingaggiava così un violento scontro, ove il più potente manipolo di Divinità composto da Horus, Seth, Sia, Hu, Heka, Bastet e Sekhmet, discendeva in soccorso del Padre dei Re, per annientare Apopi e i suoi simili che nel frattempo erano sorti dal Mondo dei morti.

    I movimenti di Ra causavano grandi terremoti, mentre lo scontro che la Serpe ingaggiava con Seth originavano violenti tuoni.

    Dopo un'epica battaglia, i maligni furono rispediti negli oscuri meandri delle nefandezze primordiali.

    Solo lui, Apopi, sopravviveva, in quando incarnazione dell'eterna ed ancestrale lotta fra il Bene ed il Male, motivo per cui non poteva essere ucciso.

    Da allora, la battaglia tra Ra ed il Serpente si ripete incessantemente ogni giorno, con l'intervento di Mehen, buon Dio che con il suo corpo recinge il ricovero notturno del Sole per proteggerlo dalla sue nemesi Asfet.

    Puntualmente i due si scontrano e puntualmente Mehen vince, incatenando il Maligno alla Grande Colonna della Duat.

    Puntualmente Mehen abusa del corpo agonizzante del suo simile; Il sangue che sgorga dalle sue ferite, tinge di rosso le acque della Barca Solare, all'alba ed al tramonto.

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  • 250px-Set_speared_Apep.jpg

    Ma nonostante tutto, l'orrido morbo di cui Apopi è portatore, pervade il Mondo e miete vittime, una dopo l'altra.

    Questa volta, pare che il Caos si sia spinto oltre, manovrando qualcosa di terribile.

    Il nubiano Haruennefer, Gran Sacerdote dell'Ordine Tebano, ha infatti ordito, sotto precise indicazioni del Male Assoluto, un triplice attacco, macchiandosi di imperdonabili peccati.

    Si è infatti reso artefice della violenta sommossa che ha portato gli abitanti della Tebaide, accecati dalle ingannevoli parole del Demonio, a rivoltarsi contro il proprio Dio, sopraffacendo la guarnigione cittadina dell'Esercito Reale e dando alle fiamme l'intero Complesso Templare di Karnak.

    Bruciavano funeste la cella di Amon-Ra, il flagellum e le sacre ampolle, mentre le fiamme creavano un cerchio di fuoco intorno alla Grande Statua della divina Luce.

    Haruennefer, forte del corrotto appoggio di alcuni mercenari etiopi ed arabici e delle popolazioni indigene locali, proclamò decaduto Sua Altissima Eminenza Tolomeo IV, osando appropriarsi delle effigi e dei titolo Faraonici, instaurando il Regno di Tebaide, considerabile come l'incarnazione terrena della malata volontà del Maligno e dei suoi discepoli.

    La Statua di Amon-Ra, che miracolosamente non era stata scalfita dal fuoco, venne abbattuta dai martelli del viscido usurpatore.

    Nel preciso momento in cui l'ultimo colpo si abbatté contro la marmorea raffigurazione del Divino, ad Alessandria Tolomeo IV fu colto da un'improvvisa e lancinante fitta al cuore, a testimonianza dello stretto legame che rapporta Sua Grandezza con il Mondo degli Déi.

    Il messaggio inviato da Haruannefer era chiaro e minaccioso sibilava come Apopi che si accinge ad imboscare Ra.

    Il resto del clero tebano, aveva tacitamente assistito allo scempio di ogni monumento in onore di Amon-Ra e del Faraone, ed alla loro sostituzione con steli e statue in onore della Lucertola.

    A Corte, giungevano quindi le terribili notizie provenienti dalla Tebaide.

    Tutta l'Armata del Faraone si muoveva verso il Faiyum, dove il Perfetto e Potente Tolomeo, aveva dato ordini di adunanza.

    Prezioso tempo fu perso nella formazione di una spedizione militare punitiva, per via delle precise richieste che il Generale Comano, aveva fornito: almeno 15.000 uomini e 30 elefanti da guerra, cifra non facile da raggiungere in brevi tempi, data l'impossibilità di spostare le guarnigioni dell'Antalia, di Cipro, della Celesiria e della Cirenaica.

    Furono arruolati ed addestrati nuovi giovani in forze ed indigeni fedelissimi alla Corona Divina.

    Intanto, si veniva a conoscenza di orribili eccidi perpetrati dal bastardo Hannuafer, che raggiunse l'apice della sua malvagità riunendo nel Grande Colonnato del Tempio, tutti coloro che si opponevano alla reggenza del Malefico.

    In 400 furono i prigionieri torturati e seviziati.

    Coloro che riuscirono a sopravvivere furono dunque condotti in ciò che rimaneva del Colonnato, ove dall'alto di un altare, l'usurpatore, si mise a praticare la magia allo scopo di paralizzare gli uomini lì e costringerli a restare nel luogo in cui si trovavano.Con la cera fabbricò numerose statuette che avevano forma umana e che impiegava per sprofondare nella più completa inerzia gli individui che esse rappresentavano.

    Concluse il rito, costringendo gli sventurati ad uccidersi fra loro a mani nude.





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    Nel mentre che tale barbarie trovava compimento, il Faraone e i suoi più stretti delegati, si erano riuniti presso l'oracolo di Crocodilopoli, ove il Sacerdozio di Sobek, evocò il Dio Coccodrillo, per richiamare la sua protezione sull'Armata di Comano e per dannare Hannuafer e i suoi discendenti.



    " Le formule magiche devono essere pronunciate da un uomo casto e puro...



    lui deve scrivere con l'inchiostro verde i nomi di tutti i nemici del Faraone su un foglio di papiro, sia essi vivi o morti,



    oltre ai nomi di tutti coloro che sono sospetti e i nomi dei loro padri, delle loro madri e dei loro figli..



    fare una statuetta in cera per rappresentare ciascuna di quelle persone e incidervi sopra il loro nome.



    Unire poi le foglie di papiro con una piuma di colombo nero, sputarvi sopra e calpestare con il piede sinistro,



    poi trafiggere le statuette con una punta metallica e infine gettarle sul fuoco e farle bruciare."




    Così recitava il Sacro Papiro di Rollin e così fu.

    Il Grande Sacerdote di Sobek, ultimò il rituale, elargendo al vento queste parole:





    “Ogni nemico che faccia un atto ostile contro la figura del Faraone



    o un luogo sacro, distrugga statue o danneggi iscrizioni,



    avrà una vita tormentata da crudeli malattie,



    soffrirà per la fame, sete e per i morsi degli animali feroci...



    nessuno lo soccorrerà quando sarà in pericolo,



    la sua fortuna non andrà al suo erede,



    il suo nome non sarà onorato tra gli uomini



    e non seguirà Osiride nel suo periplo celeste, ma anzi,



    concluderà il suo vile e misero esistere tra le fauci del crudele Ammit”



    Partiva così l'Armata Reale, con a capo il Generale Comano, nominato all'occorrenza Epistratego della Tebaide.

    L'Usurpatore sarebbe stato punito, l'ordine ristabilito ed il Male scacciato!

    ---------------------------------------------------------------------------------------

    [ - Oltre i Confini del Regno - ]







    /-/ L'Aquila braccata dal cacciatore /-/







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    Guardando aldilà dei confini del Regno, è possibile notare come il dannato sibilo di Apopi, non risuoni soltanto sulle nostre terre...

    Così come l'Egitto ora si vede costretto a fronteggiare il Male assoluto, anche l'Aquila di Roma, sorella aggiunta del divino Falco Horus, si vede accerchiata pericolosamente dall'incalzante nemico Cartaginese, che dopo aver ingannato la macchina da guerra Romana, è calato dal cielo sul capo del popolo Italico.

    La Corona d'Egitto è vicina a Roma e supporta la causa di questa, sottolineando come si sia concluso da poco un contratto di vendita per 1500 mercenari, tra Galli e Traci, che già avevano combattuto nelle valli Siriache.

    Annibale, il condottiero cartaginese, è stato anch'essi oggetto del morbo della Lucertola, che ora mira a rompere gli equilibri dell'intero creato.

    Ora, il Male marcia verso Roma, ma questa può vantare qualcosa che ai Punici (così sono chiamati i Cartaginesi nella Repubblica) manca...la mano di un Dio in terra, che seppur lontano, farà tutto ciò che è in suo potere per decretare la sconfitta di Cartagine e di Asfet!



    [Articolo di Dark II]

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  • Carthagine commentarius

    212 AC

    506 Anni dalla nascita di Cartagine.-

    https://www.youtube.com/watch?v=m4oZZhpMXP4

    Francisco_Domingo_Marques_The_Final_Day_of_Sagunto_in_219_BC.jpg

    Non vi fù mai un momento più vicino alla caduta di Roma se non questo nella storia, e dire che per un breve attimo io stesso vi avevo creduto, guardavo Annibale come ad un grande eroe narrato nelle storie, ma le storie sono pura finzione..

    -" Roma ha eletto nuovi consoli Q. Fabio Massimo (ex dittatore) e Tiberio Sempronio Gracco.

    Di questi Claudio Marcello è divenuto proconsole. Lo stesso che con loschi sotterfugi e manovre codarde a costretto Annibale a lasciare Capua. Roma è famosa per sapere approfittare di ogni momento e questo il mio signore lo sapeva bene, arrivo un piccione viaggiatore che consegnò una missiva al nostro Generale, alcuni centri sono andati persi, in Iberia il condottiero Asdrubale è stato sconfitto a Detrosa dai fratelli Scipioni, Sagunto è caduta.

    Quandè successo tutto ciò? il fato di punto in bianco ha abbandonato Cartagine sul momento decisivo, No non può andare cosi, io non lo accetto, Annibale non lo accetta.

    Inviò una missiva a Filippo V l'alleanza con i Macedoni ha avuto successo, bisogna ancora aspettare attendere e sperare. A Siracusa Gerone è morto ed il suo successore Geronimo si è alleato a noi.

    I Numidi visto il tentennamento e vista la prima sconfitta dell'esercito ne hanno approfittato ribellandosi e dividendosi in due regni, a capo di uno vi è Siface e a capo dell'altro Gaia, nomi di poco conto per quel che riguarda, una parte dell'esercito è stata spedita nella capitale per sedare gli avventi dei Numidi, non permetteremo a quegli stolti di rovinare i nostri piani..."-

    -" E' passato un'altro inverno da quando siamo qui.. ci aggiriamo da mesi nelle terre mediterrane ma di Roma ancora nessuna traccia, ci temono ancora, una vittoria in un'altra terra non basta a rassicurare gli animi di chi ha visto la morte in faccia come i Romani.

    In ogni caso, l'Iberia è un colabrodo, i Fratelli Scipione, due rivoltanti generali di giovane età tengono testa ad Asdrubale che tuttavia non cede e riporta anche esso vittorie e sconfitte a non finire..

    Taranto è la prossima, nonostante il dimezzamento dell'esercito Taranto deve cadere..

    Nella Sicilia Geronimo ha conquistato lentini ma si è fatto ammazzare come un idiota ed il proconsole Marcello lurido cane, ancora una volta se ne approfittato, la Sicilia è andata persa nuovamente.

    Nella nostra terra il Re vasallo Siface ha attaccato Cartagine, di loro non sappiamo ancora nulla ne degli uomini inviati, Asdrubale tuttavia è stato richiamato lasciando gli Scipione a piede libero nella penisola. I macedoni al seguito di Filippo V hanno attaccato Apollonia ma sono stati pesantemente sconfitti, lentamente nell'animo dei soldati festosi e impavidi si sta sfumando quella certezza di vittoria certa di questi ultimi anni, e il loro animo cala e l'inmagine di condottiero invincibile di Annibale si sfoca come fumo al vento."-

    -"Annibale ha conquistato Taranto, un ulteriore inverno ci è voluto ma la rocca, tenuta dai romani rimane ancora in piedi mentre la città brucia ed i soldati la guardano dall'alto.

    Lo scontro pare incerto a questo punto della guerra, battaglie di poco conto nel mediterrane il proconsole Marcello ha attaccato Siracusa ma è stato respinto dunque ha scelto di assediare la città con Appio Claudio. Ci sono sbarchi cartaginesi e romani in Sicilia dove si combatte a tutto campo con alterne fortune, gli Dei non hanno ancora scelto la nazione prediletta pare che questa guerra non voglia finire cosi facilmente.

    Roma ha inviato aiuti a Siface ma Cartagine ma Asdrubale con i suoi uomini e l'esercito di Annibale veterano della campagna nella penisola italica in sole due battaglie lo ha sconfitto, Gaia si è arreso ancor prima di combattere, gli avevamo offerto il vassallaggio inizialmente, ma questi non si sa bene il perché forse convinti della loro superiorità hanno rifiutato, le nostre truppe pare che abbiano distrutto completamente i loro sogni di gloria seppellendoli sotto i cumuli di cenere e torba."-

    -"Ad Herbodia il Generale ha raggiunto i primi importanti risultati politico-strategici. Alcuni centri cominciano a cedere e ad abbandonare i Romani, come Campani,Atellani,Calatini parte dell'Apulia, I Sanniti escludendo i Pentri, tutti i Bruzi, i Lucani gli Uzentini e quasi tutto il litorale greco, i Tarentini, quelli di Metaponto, di Crotone di Locri e tutti i Galli cisalpini, e poi Compsa insieme agli Irpini. Con il grosso dell'esercito, si diresse in Campania dove riuscì ad ottenere dopo una serie di trattative la defezione di Capua. Abbiamo conquistato quasi tutto il meridione tranne Reggio e il porto di Taranto, gli unici porti adatti a ricevere rinforzi consistenti. Intervenimmo a Siracusa, ma un malanno inviatoci dagli Dei decimò l'esercito. Il Condottiero Asdrubale è tornato in Iberia, con Massinissa alla guida della cavalleria. Filippo V a attaccato via terra le città della costa adriatica facendo di queste strage... Ancora un pò Didone concedici altro tempo! Roma non può sfuggire al suo destino, deve cadere e divenire cenere.. Didone te ne prego.."-

    Io sono solo un vecchio uomo, non un saggio,ne un guerriero, ne un veggente.. non prevedo il futuro ma quantomeno Spero, perché gli dei me lo concedono, ed è in Annibale che ripongo tutte le mie speranze.

    -"Ho sentio dire che a Nord i Galli si stanno dando da fare nel combattere Roma, guidati da un certo Viridovix detto il Vergobret dei Galli hanno riconquistato città ed espanso i loro confini, lentamente i pezzi di Roma cadono, ma se vi è una cosa a non cadere è il servilismo Egiziano, adoratori di cani e gatti.. cosi li chiamano alcuni, poco importa anche per loro, quando sarà la fine il loro impero di cui si fanno tanto vanto ma che in realtà è poco più che un inmenso Granaio dedito a sfamare Roma, cadrà o passerà ad altre mani."-


    [Articolo di Mussulmanopazzo]

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  • Αγορά
    212 AC

    (564 anni dopo le prime Olimpiadi)

    {Θέματα πολιτών | Questioni Cittadine}
    |La flotta di Filippo V|

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    Filippo V si alleò con Annibale, e fece delle idee di Demetrio di Faro il portavoce. Demetrio pensò, che se Roma fosse caduta, l'Ellade avrebbe ritrovato la pace, riunita sotto lo scudo macedone per mezzo di un sistema di alleanze. Con questo non era escluso che i Greci avrebbero riottenuto dai romani le colonie perse a Taranto e nel sud dell'Italia.

    Per prepararsi alla Guerra contro Roma, il Basileus ebbe un ambizione che nessun'altro macedone aveva avuto fino a quel momento: fece costruire ai mastri carpentieri centinaia di imbarcazioni: i Lembi, navi piccole e veloci, usate dalle popolazioni barbare dell'Illiria. É concluso il tempo di Temistocle, quando tutte le Poleis, Atene in primis, si potevano permettere una flotta: soltanto la Macedonia, unico bastione della salvezza ellenica, ha abbastanza ricchezze da permettersi di costruire una modesta flotta.

    Centinaia di Lembi sono partiti dal porto di Atene, hanno fatto una sosta nell'isola di Cefalonia e hanno provato a conquistare l'Illiria, caduta nei decenni addietro nelle mani romane. Verosimilmente, i Lembi, vano e improvvisato tentativo, furono affondati nelle acque dell'Adriatico come dei sassolini affondano in un fiume. Grande fu il disastro, soprattutto per le spese che la Macedonia aveva dovuto sostenere per la realizzazione dei Lembi; ma non fu tanto per le perdite, quanto per il disonore: lo stesso Basileus, aveva scommesso la vittoria contro Roma contando su queste piccole imbarcazioni.

    I Lembi superstiti, fecero ritorno ad Atene, dove non accolsero nessun sorriso e nessun applauso dai cittadini. Filippo tentò una nuova invasione via mare dell'Illiria, ma i romani apparentemente indeboliti dalla sconfitta a Canne, erano invece irremovibili.

    E fu così che la flotta di Filippo, vanto dei macedoni, venne annientata in una sola notte.



    |Il tradimento dell'Etolia|

    A questo punto, un velo di pietoso disonore aveva ricoperto la Macedonia, sconfitta per mare, ma non ancora per terra; del resto i macedoni hanno sempre preferito lottare sulla terra ferma piuttosto che tirare in ballo Poseidone.

    Filippo V, dunque, deciso a riscattare una volta e per tutte l'onore perduto, partì lui stesso dalla capitale Pella, a capo di un vasto esercito. Al calare della sera salutò alla moglie Polycratia, e ci spese l'ultima notte.

    Polycratia si augurò che il marito avrebbe presto fatto ritorno a Pella.

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    L'esercito di Filippo si mise in marcia, tuttavia, ancora una volta il fato andò contro di lui. Sparta ed Elis entrarono in Guerra, e con loro tutti i popoli dell'Etolia, mandando a monte i piani del Basileus.

    I romani mandarono i loro emissari e si allearono con i Greci del sud e con quelli dell'Anatolia.

    Il Basileus Filippo non perdonerà il vile tradimento dei popoli etolici ai danni dell'Ellade: hanno permesso ai romani di infiltrarsi nella politica Greca, si sono dunque sottomessi a Roma, a quei barbari che rifiutano di imparare Omero, e detestano la nostra raffinata cultura. Il morale dei macedoni, molto basso dopo le sconfitti in Iliria, sarà tenuto alto dalla diretta partecipazione di Filippo V alla Guerra.

    Possa l'Olimpo decidere per il bene della Macedonia, perché il tenace Filippo conduca vittorioso le sue armi, e non resti vittima delle sue scommesse.


    |Gli Specchi Ustori di Archimede|
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    I romani sono un popolo rozzo e barbaro, senza cultura, e non sopravviveranno all'assedio del potente Annibale. Fossero come i Greci, avrebbero uomini come Archimede: luminare delle scienze. Archimede ha sorpreso e spaventato i romani con una sua nuova invenzione. Ottenne dal re di Siracusa tonnellate di catrame, e enormi lastre di vetro: quando la luce del Sole colpiva le lenti, e con l'effetto del catrame, veniva a crearsi un fascio di luce concentrato, capace di appiccare il fuoco a distanza. Queste lenti vennero disposte sulle mura.

    In questo modo, le navi romane che provarono ad avvicinarsi, vennero bruciate dalla conoscenza e dalla cultura di un Greco; i romani vennero sterminati dal fuoco, dalla potente luce riflessa nella lente di Archimede, come tante misere formichine.


    {Βαρβαρικά θέματα | Questioni Barbariche}
    |Tolomeo e i Celti|

    I Greci hanno appreso con amarezza per la fine dei fratelli di Massalia, scacciati dalla loro città dopo che i Celti, furibondi e crudeli, l'hanno messa a ferro e fuoco. Fortunatamente, le trireme sono riuscite a mettere in salvo le donne e i bambini di Massalia. L'opinione delle Poleis simpatizza con i poveri abitanti della colonia massalica, in terra lontana ma sempre vicina nei cuori dei Greci.

    La fine di Massalia, assesta un ennesimo colpo al morale dei Greci del sud, che si schierano definitivamente dalla parte di Roma, piuttosto che dalla parte di Annibale, e dei loro crudeli alleati Celti: una razza di barbari senza cultura e senza scrittura, che sta più in basso dei romani, e che si ostina a nascondere il tesoro del dio Apollo, che un secolo fa ci venne da loro derubato. Sono bravi soltanto a fare la Guerra, ma non si curano né delle arti, né della pace.

    Gli stessi, bramano di derubare i tesori d'Oriente, e i tesori di Tolomeo, lo splendente Faraone che ha stretto un alleanza con Filippo V e ha venduto i suoi schiavi.


    [Articolo di Astrid I]

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  • ::: :::: Annales Maximi ::: :::


    212 AC

    542 anni ab Urbe condita

    [Foto]

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    \\ Roma sotto assedio. \\

    [Civilitas Romana]

    - Res Publica ardet sed Scipionii molet - Brucia la Repubblica ma i due Scipioni calpestano le fiamme

    http://www.youtube.com/watch?v=Y7Gp_1AJRsg

    Se la Repubblica sta ancora in piedi, nonostante le rivolte, nonostante la palese e imminente sconfitta, lo dobbiamo ai due fratelli Scipioni: Publio Cornelio Scipione e Gneo Cornelio Scipione. Già la Gens Scipionica si distinse per il valore, e salvò in altre occasioni Roma. Ricordiamo le azioni di Publio il Vecchio, che nonostante una tempesta, riuscì a mettere in salvo i marinai romani durante l'invasione della Corsica. I due fratelli sono tutta la speranza di Roma: che mentre perde in Italia, consolida tuttavia le proprie posizioni in Hispania avvicinandosi alle coste numide.

    I manipoli romani, coadiuvati dalle truppe ausiliari reclutate localmente, hanno attraversato l'Ebro, e nei due anni passati hanno liberato la città di Sagunto, nostra alleata, che i punici espugnarono.

    Gneo Cornelio Scipione, lasciò volontariamente l'accampamento in Hispania e dopo aver salutato il fratello cercò un accordo con i Galli Iberici, Governati da un certo Macarovix. Gaio è stato ben accolto dal Gallo, e ha ottenuto da questi la certezza che il popolo Iberico non lo attaccherà.


    I soldati difesero per bene le coste della Corsica contro i pirati Gallici che stavano compiendo delle razzie, poi si diressero a sud, per riottenere l'isola di Sardinia, caduta nelle mani dei punici dopo la rivolta dei Sardi.

    Nello stesso anno si era ribellato all'Impero Punico il re numida Siface.

    C'erano ancora delle speranze per la salvezza della Repubblica e il Pontefice fece costruire a Roma un tempio dedicato a Venere; ma i traditori erano dentro il Senato. Il Censore Publio Furio Filo, astuto come nessun'altro, denunciò al popolo romano alcuni membri della classe senatoria ed alcuni membri della classe equestre, che dopo la sconfitta a Canne si dissero favorevoli alla resa di Roma. « Pensate alle vite dei soldati romani! Perderemo, e tanto vale arrenderci. » Dicevano, appellandosi all'humanitas. Tuttavia l'astuto Censore ha scoperto uno scambio di lettere tra i senatori ed Annibale, che dopo la Guerra li avrebbe premiati con monete d'oro e con cariche pubbliche.

    I traditori furono dapprima castrati, poi sventrati ed arsi ancora vivi, sacrificati alla dea Bellona, la sposa di Marte.

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    Gli dei, assistettero all'erezione di un tempio a Venere, e al sacrificio dei traditori a Bellona. Gli dei e la stessa Giunione, iniziarono a perdonare Roma. Il Pontefice sapeva, e pertanto ordinò la pratica dei sacrifici. Gli dei erano stati allietati, e la profezia del dio Apollo presto o tardi si sarebbe conclusa: Roma avrebbe vinto; ma non tutti ne erano convinti.

    Roma cercò di assediare la città di Siracusa, schieratasi con i punici. Tuttavia i Greci, che hanno buona conoscenza delle scienze, hanno sfruttato contro Roma i poteri del dio Sole. Si dice che le navi romane che si avvicinarono alla città di Siracusa, vennero incenerite dalla luce riflessa da Grandi Specchi. Si dice che il Greco Archimede, un Genio dalla folta barba, sia corso nudo per la città di Siracusa urlando "Eureka! Eureka!", ed abbia inventato questa mortale macchina di morte, che sfrutterebbe il vetro, il sole, e il catrame, per riflettere la luce del sole e concentrarla sulle navi appiccando fuoco.


    Altra invenzione di Archimede, fu "la mano ferrea", una specie di Gru, che veniva montata sulle mura di Siracusa, afferrava le imbarcazioni romane, le sollevava, e poi le faceva ricadere a mare.

    Tuttavia, dopo un anno di assedio, Siracusa cadde. Il Senato chiese che Archimede lavorasse per Roma, tuttavia, il Genio venne ucciso da un soldato, che lo scambiò per un semplice vecchio barbuto. L'oro di Siracusa è stato portato a Roma, assieme alle statue e alle opere d'arte.

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    [Civilitas Barbarica]

    - Graeci Romam Adiuvant - I Greci Aiutano Roma

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    Roma vinse, dopo diversi anni che furono una sconfitta dopo l'altra, Roma stava vincendo. La profezia si stava avverando, e i discorsi drammatici dei ciarlatani erano svaniti, catturati dal vento del tempo. Stava vincendo in Hispania, aveva vinto a Siracusa.

    I punici assediarono Roma, carichi di odio e di vendetta. Annibale era sicuro di vincere, questo era il suo passo finale: caduta Roma, la Repubblica sarebbe caduta.

    I 7 colli furono abbandonati di corsa, il popolo dei Latini si mise al riparo dentro le mura di Roma, attendendo con ansia il resoconto dell'esercito. Il Pontefice compì innumerevoli riti propiziatori. Il Senato fece uccidere i ciarlatani, che spaventavano la popolazione raccontando sciocchezze, e fantasticavano orribilmente su quello che i soldati di Annibale avrebbero fatto alle matrone romane una volta che le mura sarebbero state abbattute.


    Furono allertati i reparti militari, mentre i politici prendevano il comando dei manipoli. I tribuni della plebe rassicuravano la popolazione. I tribuni militari facevano infiniti discorsi per consolare le truppe, alle quali in cambio della fedeltà vennero promesse immense ricchezze e delle terre per le loro familias. Gli alleati italici, che erano arrivati in moltitudine a Roma, erano convinti che i consoli avrebbero esteso la cittadinanza romana a tutta l'Italia, ed erano pronti a combattere.

    Gli edili controllarono le riserve alimentari, che bastavano per diversi anni. Roma era pronta.

    Quando i punici l'assediarono, i soldati romani si divisero: chi difendeva il Senato dai traditori, chi difendeva le mura, chi controllava la plebe. Ancora adesso, Roma sta sotto attacco.

    Prima che tutto questo avvenisse, il console Marco Valerio Levino, era stato spedito in Grecia. Gli etoli si erano decisi ad accettare i trattati e le alleanze offerte da Roma, che nei tempi passati avevano rifiutato. Alla fine i Greci del sud "civilizzati" ma effemminati, si sono sottomessi alla potenza di Roma, tanto forte è l'odio che provano verso i Greci di stirpe Achea, loro fratelli.

    Filippo V il Macedone poi, fu sconfitto in Illiria ripetutamente, e le barchette di cui andavano fieri furono affondate.

    Roma in Grecia vinse due volte.

    Amministratore della Sezione GDR

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  • {IV, Cade l'albero senza foglie}

    ~ Giamoniôs 1238 (''212 a.C).

    ~ (https://www.youtube.com/watch?v=KIbIIfQAdM0).

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    « Riposino in pace le spoglie degli Avi,

    Econ loro il ricordo di ciò ch’è perduto.

    Conla memoria di epiche imprese

    Nonsi erigono sontuosi palazzi

    Meglioun riparo di frasche, un‘umida grotta,

    Chemille città popolate di spettri.»



    ~ (Il Druido sui Tumuli ancestrali).


    Tutto è cambiato, il rumore sferzante del vento, il delicato tatto dell'acqua, la solida consistenza della terra, la danza del fuoco, attraverso cui i nostri Druidi volgevano i propri profetici occhi verso l'imminente futuro.

    Pare che sia il mondo d essere cambiato, e come esso anche il Firmamento, la volta celeste con i suoi astri brillano imperituri in direzione di Roma, ed i corvi portarono malaugurio e nequizie circa le speranze riposte in Hannibalix (Annibale), ormai perse.

    La fine di Roma poteva essere ingente, eppure il volere degli Dèi era favorevole alla Rinascita dell'insegna dell'Aquila.

    La diplomazia del nuovo console, Gneo Cornelio Scipione, era riuscito a percorrere escatologicamente un’uscita dall'accherchiamento nella quale Roma si ritrovava, intenerendo il cuore di Magarovix dei Celtiberi, ospitale e cortese, e strappandoci il dominio sui Veneti, benché da anni ormai fossero disinteressati alle questioni celtiche, ripudiando la propria origine.

    I Liguri assalirono le sponde dei mari romani, cercando di depredare e razziare nuovi beni, ma furono repressi da un contingente di legioni, sebbene affrontarono il nemico fino a raggiungere l'Annwn.

    Viridovix, ristoratosi nella nuova Massalia, poderosa e ricostruita, apprese di quanto stesse succedendo nel Mondo, l'Irminsul, l'Albero sacro, era ora in tumulto, e si recò con grande spirito presso il Grande Menhir nella santa foresta dei Carnuti, dove innanzi impilò il proprio spadone, e s'inchinò col capo basso difronte all'enormità di Lùg.

    Quale risposta poteva carpire dalle Tradizioni? I Druidi erano restii a sentenziare il futuro, « Gli equilibri tra il mondo divino e quello materiale sono infranti, solo nefaste e confusi simboli elargirebbero gli Dèi. » soventemente, rispondevano al Vergobret dei Celti.

    Eppure tra rigidi inverni e verdi primavere egli aveva ben condotto il proprio popolo alla conquista, e Viridovix non si sentì mai minacciato, ma adesso che gli alleati si assottigliavano o risutavano lontani le Gallie ripresero il corso delle vite barbariche.

    I ''rix'' discutevano, tra gli Elvezi ed i Belgi crescevano le preoccupazioni.

    Difatti i Germani discesero già un paio di volte oltre le sponde del Reno, cercarono di attaccare villaggi limitrofi, e così altro sangue fu sparso, Hessus, il Dio bramoso di anime, non era soddisfatto delle battaglie fin ora riportate, e Toutaits, Dio della guerra, batteva la propria mazza tra i Belgi ed i violenti Cimbri, e gli Elvezi stessi si ritrovarono orde di Alemanni.

    Tra innumerevoli frecce che vibravano sopra le teste dei guerrieri galli, tra i massi scagliati dai Cimbri e le fiamme divampate tra i campi, le guerre per la sopravvivenza barbarica erano una prova di sopravvivenza.

    Orgetorix, Re degli Elvezi, condusse le proprie orde veementemente contro il nemico, sbaragliando la difesa di fanteria dei cugini poste oltre il Reno, mentre più a nord, in Belgica, Teutomalix, re dei Belgi, detto ''Il Flagetto dei Germani'', scacciò repentinamente i Cimbri, che fuggirono oltre il fiume, ed i guerrieri rimasti furono bruciati in statue di vimini, e dati al fuoco per placare Hessus, Taranis e Toutatis.

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    Dopo la sanguinaria impresa bellica a difesa dei propri confini, i Re gallici si riunirono.

    Teutomalix di Belgica, Orgetorix degli Elvezi, Cingetorix d'Aquitania, Magaravix de' Celtiberi ed un nuovo condottiero per i Liguri, Neunnorovix chiesero a Viridovix udienza, il quale invitò ad un lauto banchetto i fratelli celti.

    Non ci sarebbero stati più tradimenti, non ci sarebbe stata più disorganizzazione, ma d'ora in avanti la completa coordinazione era delegata nelle mani del Vergobret di Gallia, che promise l'incolumità ai propri fratelli, le terre delle Gallie sarebbero rimaste tali.

    Per sugellare un'amicizia, strenua e prosperosa, Viridovix chiese di erigere nella propria ''capitale'' di Celtica il Cromlech di Belanu, l'edificazione d'un osservatorio era vitale per le Tradizioni, di qui a poco si sarebbe festeggiato Ostara, uno dei Sabba, e gli Esbat erano all'ordine di ogni mese. Il Sole di Belanu era vita, per l'agricoltura, l'allevamento, le attività quotidiane, ma maggiore tra tutte le virtù del dio Belanu era quella di repellere i vili ed i nemici, il nuovo luogo di culto solare sarebbe stato un simulacro di nuova speranza contro Roma.

    Ma un ulteriore opera fu posta non molto distante dal nuovo Cromlech, per le donne delle Gallie fu ordinato dal valoroso Vergobret un Menhir a Belisama, la sposa di Belanu, Dèa del fuoco imperituro, così come lo spirito che le donne dovevano avere in un'epoca di guerre e rovinose battaglie.

    In Gallia la notizia della la guerra tra il popolo di Grecia, rotta di appetitose razzie da parte dei nostri padri, e la stirpe di Roma giunse alle orecchie dei ''rix'' e dei lungimiranti Druidi, che essa si fosse consumata tra i mari, decretando la sconfitta del re Macedone via mare fu appreso stata grazie alle navi Liguri che salparono mesi prima per saccheggiare le coste Illiriche, di ritorno dai loro improrogabili affari riuscirono a salpare prima che la situazione potesse degenerare. A occhi nostri era mai possibile che un dei popoli così simili in fatto di costumi, eppure così differente in fatto di sangue, potessero scatenare guerriglie?

    Ma a quanto altre notizie giungono alla porta del Sud, storie di tradimenti inconsulti e di alleanze stipulate.

    Del resto del mondo non ci sono pervenute notizie alcune, solo i vaticini dei saggi Druidi possono presagire cosa succeda tra le terre di sabbia.



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    [Articolo di HerbertBacke]

    Amministratore della Sezione GDR

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